Ci introduciamo in sala e troviamo una piccola realtà scenica di grande efficacia artistica. Già conosciamo Francesco Leineri dal precedente spettacolo “SONÒRITER | ARMÒNIKEM | MELÒDIKES | RÌTMIKEN | FORMÀTIKON” il ‘concertinspettacolo" dalla forma informe tanto apprezzata; quindi conosciamo già anche il suo pianoforte a muro che, anche stavolta, è il centro della scena, con la tavola armonica e le corde messe a nudo agli occhi del pubblico.
Stavolta, però, gli spettatori dovranno sedersi e condividere il posto su poche panche poste pericolosamente vicino al pianoforte, panche separate da piccoli centri di realtà conviviale forniti di vino, taralli e tortilla chips, quasi a dialogare nella storia tra l’antico simposio greco e quello contemporaneo che sta per essere celebrato.
La grandezza di questo modo di vivere lo spazio esecutivo della performance sta proprio in una rimozione delle pareti non fine a sé stessa, ma funzionale a creare legami tra gli ascoltatori e con il musicista, il legame lo fanno la musica e l’ascolto. Vissuto in questo senso il concerto “SOLO”, portato al Teatro Studio Uno dal 16 al 18 dicembre, assume una singolarità straordinaria.
A differenza del precedente "concertinspettacolo" in cui viveva la scena anche al di fuori del suo strumento, realizzando un vero e proprio spettacolo teatrale in cui la musica quindi era anche recitazione, colori, movimenti e strumenti anche diversi dal pianoforte, in “SOLO” Leineri è tornato alla dimensione dello sgabello alla tastiera. Salutando in maniera quasi distratta il pubblico attorno che gli applaude ogni brano, e in uno stato totale di abbandono al naufragio di musica che aveva dominato anche l’anno scorso la sua performance, stavolta rimane chiuso sulla tastiera: in realtà, l’occasione e il pubblico per lui sembrano essere dettagli del tutto marginali.
Ma allora il legame tra il pubblico e l’esecutore? Ecco questo è uno di quei concerti per i quali viverlo è un’esperienza radicalmente diversa dal sentirlo dietro a delle cuffie, così come non potrebbe rendere se il pubblico fosse seduto su spalti lontani dalla musica.
Perché il legame qui si costruisce non grazie all’artista che viene incontro al pubblico, ma viceversa il pubblico viene catapultato nella realtà (e non nella finzione) artistica. Il pianista nella dimensione più intima del suo rapporto diretto e spontaneo col suo strumento, quasi come a vederlo intraprendere il primo approccio di mani buttate sulla tastiera abbandonate alla libera creatività, e calci orrendi e rumorosi al pedale, ma reali,e per questo veri e quindi comunicativi, e posture mai viste da un pianista delle grandi occasioni, contorcendo il proprio corpo ora teso come una corda di violino ora ammorbidito come un lenzuolo sulla tastiera.
Se nel "Concertinspettacolo" esondava la performance sul pubblico, qui è lo spettatore che in qualche modo sconfina nell’intimità del pianista, per questo ‘pericolosamente’ vicino, se nel primo c’era un ‘IO lanciato in un bazaar’ come Leineri ha recitato dalla poesia “Io, sottoscritto” del giovane poeta coetaneo Enrico Gullo, qui il bazaar, il luogo del simposio, è proprio l’ IO.
Il pubblico quasi sempre è ammaestrato a vedere la distanza di un palcoscenico sul quale il musicista offre solitamente una musica confezionata e infiocchettata a dovere per le orecchie del suo pubblico, così da venire a crearsi una distanza incolmabile anche tra quello che è il vero lavoro del musicista e quello che si aspetterebbe l’ascoltatore. Uno dei risultati è che spesso sembra che i musicisti stessi operino un distacco con ciò che eseguono, specialmente gli esecutori di altri autori diventano e si alienano per esempio in Chopin, Bach, Rachmaninov, e l’ascoltatore, benché talvolta si illuda di andare ad ascoltare il celebre pianista rinomato, raramente ha la percezione di comprendere chi sia colui che sta suonando. Ecco, questa forse è una delle vere crisi dell’arte ad oggi, esistono solo le grandi occasioni alle quali anche le diverse forme artistiche devono adeguarsi, la dimensione personale si perde, e non è questione di mancanza di originalità, ma la mancanza di una dimensione piccola e ristretta all’intimità dell’artista.
E allora la posizione dello spettatore si fa pericolosamente vicina al pianista perché chi ascolta non è più comodo nelle sue certezze orecchiabili, non applaude più da lontano, non bada distrattamente a formalità di inchini, annunci e programmi, la stessa musica che ascolta gli è più vicina non solo fisicamente. Le corde del pianoforte può vederle come organi vivi e pulsanti e ogni nota lo percuote destandone l’attenzione, ogni nota è un epifania.
Quel “SOLO” che il pianista ha spacciato come un titolo di trovata commerciale, in realtà prende forma nella misura in cui lo vediamo davvero solo col suo strumento, a riprendersi alla fine di ogni brano in cui si è perduto, e ogni nota è sola, e ogni spettatore è solo nel suo ascolto… ma poi la dimensione piccola crea qualcosa di sorprendente, il suono del vino che si versa nei bicchieri, lo sbriciolarsi tra i denti di un tarallo che altrove avrebbe ripugnato i presenti, qui tutto si fonde con la musica, tutto diventa un atto unico ed irripetibile, e nasce la consapevolezza di assistere ad un momento unico, condiviso tra pochi, e quella solitudine è prima motrice dei legami autentici tra ciascun ascoltatore e quel pianista, che dal canto suo non si cura apparentemente di nessuno di loro.
Per questo motivo la musica intima di Francesco Leineri permette finalmente di avere la percezione di chi sia quell’uomo sui tasti del pianoforte, permette di credere di conoscerlo, di aver percepito un contatto che non c’è altrove sotto le dita di tanti celebri pianisti.
A dimostrazione di questo legame Francesco Leineri ha promesso ai presenti che avessero voluto ricordare e consolidare quel legame la registrazione del concerto, altra insolita iniziativa che rivede profondamente il rapporto di un artista col suo pubblico. Grazie.
Info:
"SOLO” dal 16 al 18 dicembre 2016 | Sala Specchi
Teatro Studio Uno, Via Carlo della Rocca, 6 (Torpignattara).
Ingr. 10 euro. Tessera associativa gratuita
Giov – Sab ore 21.00, Dom. ore 18.00
Prossimamente al Teatro studio Uno
Dal 22/12/2016 al 23/12/2016
INVERNESS. THE PREQUEL
Teatro Studio Uno, via Carlo della Rocca, 6
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Sala Teatro
VLAT MESSA IN SCENA- ANTONIO SINISI
Dopo 5 anni di lavoro insieme la Compagnia di Via Libera Al Teatro, in breve VLAT, porta in scena un nuovo lavoro di ricerca sul Macbeth dividendolo in du parti. La prima va in scena al Teatro Studio Uno e si occupa dell’antefatto della tragedia shakespeariana del Macbeth.