DECAMERON: le storie che ci insegnano a lottare

Walter Prete:
Attore, drammaturgo, regista teatrale. Laureato in Filosofia.
Nella sua compagnia teatrale, ALIBI, recita e scrive per il teatro. Fra i riconoscimenti: conseguiti con la Compagnia Premio Migliore spettacolo per "muttura", Premio Migliore Drammaturgia, Premio migliore regia (ex-aequo) per "ventOtene", Premio migliore spettacolo per "ventOtene", premio migliore spettacolo per "muttura".

Tutti almeno, una volta nella vita, abbiamo ricevuto un libro in regalo e tutti, almeno una volta nella vita, stringendo in mano quel libro, ci siamo domandati quanto il nostro donatore ci conoscesse davvero: molto spesso potrebbe piacere a uno e a un altro no, oppure semplicemente da una generazione a un’altra quel libro non dice più nulla, ha perso la propria aderenza al reale, ha smesso di parlare. E poi ci sono i classici, che fanno eccezione a tutto ciò; e un libro diventa un classico a condizione che non solo sia ben scritto, ma conservi anche nel tempo quella superficie riflettente che fa sì che il lettore possa rivedervi riflessi, come in uno specchio, i tratti essenziali dell’uomo in ogni epoca. Un classico, in questo senso – uno di quelli monumentali – è senza dubbio il Decameron di Boccaccio

Il Decameron come capsula del tempo

Il Decameron è un’opera che “in classe” ci entra per forza, nonostante le tematiche così poco addomesticabili nella nostra ingessata scuola italiana e nonostante (a proposito) la goffaggine con cui ce la presentano: letteratura d’evasione, divertissement aristocratico, sollazzo da cortigiani annoiati il cui merito fondamentale si ridurrebbe, in fin dei conti, in una infallibile struttura narrativa ed un poderoso affresco dell’epoca. Ma questo non basta per giustificare la fortuna di quest’opera negli ultimi settecento anni.
Pensiamo al Decameron come a una sorta di capsula del tempo
Nel momento in cui lo scrive, Boccaccio ha la netta sensazione di trovarsi nel bel mezzo di una cesura storica: vede sgretolarsi intorno a sé il vecchio mondo degli imperi e dei feudi, sente lo sbandamento morale di un’umanità che ha perso fiducia nel proprio pastore spirituale, forse sente – camminando per Firenze- farsi strada anche una fiducia tutta nuova nell’uomo e nelle sue capacità, ne sente i dubbi, la paura, gli slanci, il travaglio che cova in grembo alla città più influente del secolo.

Probabilmente è Boccaccio stesso che vive questa incertezza rispetto al mondo che lo aspetta. Allora scrive il Decameron, non per svagare, non per divertire qualcuno, non per impiegare l’ozio di raffinati signori. Lo scrive perché vuole provare a traghettare, nel mondo che sta arrivando, quello che di buono sopravvive del vecchio mondo, provando anche ad assestare un ultimo colpo decisivo a tutto ciò che invece ha dimostrato di non reggere alla prova del tempo, e poi vuole creare delle forme nuove, per il mondo che lo aspetta, mentre sullo sfondo la peste divora Firenze e il vecchio sistema di valori. In cento novelle scorre una narrazione in brutta e in bella copia dell’uomo. 

Boccaccio: l’umanità in un'epoca di incertezza

Virtuosa o corrotta, l’umanità di Boccaccio ha un tratto peculiare, che è quello di non arrendersi, di cercare ogni stratagemma per inseguire il proprio piacere, per sottrarsi al morbo che incombe. Ritornare oggi ad una lettura del Decameron libera da scolasticismi ci darebbe forse l’occasione di recuperare un po’ di spirito proto rinascimentale: quello dell’homo faber fortunae suae. Ci metterebbe nella posizione di guardarci intorno e riconoscere che – sì – saremo pure nel bel mezzo di una cesura storica, ma non è la prima volta che succede e scegliere sta noi, se subire il corso degli eventi o piuttosto decidere di sfruttare questo momento di passaggio, di cui siamo fortunatamente coevi, per dare forma al mondo che sarà. Tutto questo richiede attenzione, certo, richiede la pazienza di vagliare una ad una tutte le cose del vecchio mondo e non di buttarsele frettolosamente alle spalle. Quest’epoca di incertezza potrebbe essere un’occasione, come lo fu per Boccaccio, per salvare quello che di buono ci è stato consegnato e per seminare quello che di meglio aspettiamo di veder crescere.

Il Boccaccio secondo Alibi– artisti liberi indipendenti

Con questo spirito Alibi – artisti liberi indipendenti, compagnia teatrale di Tricase (Lecce) ritorna sul Decameron con ISA_Decameron_una serie teatrale. Non sono anni né di centenari né di anniversari, eppure un gruppo di artisti inaugura una serie di spettacoli ispirati all’opera di Boccaccio: una serie teatrale, non un solo spettacolo –attenzione-. Il primo episodio ha debuttato a maggio ed è “ISA”, ispirato alla novella di Lisabetta da Messina che s’innamora di Lorenzo. I fratelli di lei lo scoprono e uccidono il povero amante, di rango sociale troppo basso per amare la bella Isabetta. Nella riscrittura di Alibi, che in questo episodio porta la mia firma, “ISA” sta per Isabella Messina, la protagonista della storia, ma anche per “Italiani Sovranisti Autarchici”, il partito di estrema destra tra le cui fila la ragazza si candida a diventare sindaco. Ecco creato un gruppo sociale che, oggi come all’epoca di Boccaccio, può condizionare o porre il veto su un amore. 

Nell’ISA di Alibi, Lorenzo diventa Lorenza, la giornalista arrivata in città per condurre un reportage sulla candidatura e che farà innamorare Isabella, con risvolti infelici ma con un finale a sorpresa. I prossimi episodi debutteranno in primavera e portano la firma di Piergiorgio Martena (che si ispira alla novella di Andreuccio da Perugia per affrontare le dinamiche del bullismo e della relazionalità on-line) e di Gustavo D’Aversa (che parte dalla novella di Griselda – o della somma virtù, per arrivare a parlare con la sua Elda della famiglia e dei cambiamenti che l’attraversano). 

Quali novelle sarebbero da scrivere e portare in scena nei prossimi anni? 

Gli attori di Alibi non hanno ancora una risposta: «Non abbiamo pianificato tutto fin nei dettagli. Non sappiamo se ci fermeremo a tre, dieci o se faremo tutte e cento le novelle da qui ai prossimi cinquant’anni. – Ridono– Questo progetto non ha scadenze e non ha padroni. Cambia col cambiare del tempo e della nostra sensibilità. Davanti a noi abbiamo molte idee e possibilità e di sicuro abbiamo un mondo che muta velocemente, e chissà che non ci spetti costruirlo, invece che subirlo. E allora potrebbero servire tante cose per costruirlo e forse, tra queste, faremo bene a non sottovalutare mai il potere delle storie».

A.Lib.I, Artisti Liberi Indipendenti,
Nata a Tricase (LE) nel gennaio 2013, Alibi artisti liberi indipendenti è una compagnia di teatro che negli anni ha saputo distinguersi per coraggio, bellezza degli spettacoli e per uno sforzo costante di leggere e interpretare il presente.
Luogo d’incontro di artisti (attori, ma non solo) provenienti da luoghi e formazioni diverse, e in continuo dialogo con il territorio in cui opera, Alibi, per la direzione artistica di Gustavo D’Aversa, incarna oggi le idee e le sfide con cui facciamo i conti ogni giorno: la ricerca di un senso nel campo delle relazioni (in famiglia, in amore, in amicizia), l’attenzione verso l’ambiente e la natura, il confronto con l’Altro, in un teatro comprensibile a ogni pubblico, che prima di un’estetica metta al centro i contenuti che intende discutere, ovunque, nelle piazze come nelle università, al buio dei teatri, in spazi storici o in architetture industriali.

Spettacoli e riconoscimenti

Tra i vari riconoscimenti e premi ricevuti in questi anni, particolarmente degno di nota è la vittoria di fUnder35 – l’impresa culturale che cresce, premio nazionale volto a individuare e sostenere le migliori imprese culturali in Italia, sotto i 35 anni di età, vinto da Alibi nel 2016.

Dal 2015 in più, la compagnia ha cercato una linea espressiva propria cimentandosi con successo con la scrittura originale di testi e allestimenti come “muttura”, una commedia sul problema dei rifiuti tossici interrati nel Salento, “ventOtene”, che ripercorre i primi passi del progetto europeo, per mano dei giovani intellettuali e politici italiani che a ridosso della Seconda Guerra Mondiale scrissero il Manifesto di Ventotene – per un’Europa libera e unita, e ancora “SKYLINE”, un divertente confronto tra paesaggio interiore e paesaggio circostante, vissuto attraverso la storia di Paolo e Martina e quel viaggio Milano-Salento che cambierà per sempre la loro vita (scritto in occasione di “cton-fest festival internazionale del paesaggio, I ed. 2016). Un altro progetto che lega fortemente storia e territorio è “#39”, uno spettacolo realizzato con maldEstro , la scuola di teatro di alibi, che racconta una storia di accoglienza e di integrazione, ambientata nell’immediato dopoguerra a Tricase Porto, sede del D. P. Camp n°39, in cui vennero ospitati profughi ebrei in fuga dalle persecuzioni naziste.

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