Il 21 maggio scorso a Roma, grande Manifestazione di piazza in difesa della Casa Internazionale delle Donne a rischio sfratto a seguito di una mozione della giunta 5stelle guidata da Virginia Raggi.
Ecco il Racconto di Simone Romano, presente tra la folla di manifestanti. Le emozioni, i canti, le speranze, le paure, tante, di un popolo da difendere.
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LA MANIFESTAZIONE
Il cielo è un delicato grigio pastello di nubi alle 17. Arrivano le prime manifestanti richiamate all’appello dal tamtam mediatico scaturito dall’evento, gruppetti che variano in numero ed età. In meno di mezz’ora la Piazza è gremita e cominciano a cadere le prime gocce che si trasformano in una pioggia leggera, ma costante. Si aprono gli ombrelli e tutto attorno alla statua equestre di Marco Aurelio si dispiega un coloratissimo tendone. Ci muoviamo sotto questa tettoia in nylon per trovarvi sotto molte migliaia di presenze: ragazze, donne, signore, madri con bambini al seguito e anche molti uomini. Si cominciano a distribuire cartelli fucsia con l’hashtag #LA CASA SIAMO TUTTE.
Il presidio, pacifico, è rumorosissimo. Fra un “Bella Ciao!” e l’altro, fra tamburi e coperchi di pentole in alluminio usati come piatti, si elevano i cori pieni del portentoso volere femminile di farsi ascoltare. La maggioranza di questi è rivolta a Virginia Raggi. “A te le pecore! A noi il Buon Pastore”, abile gioco di parole, ovviamente riferito alla notizia secondo la quale l’amministrazione Capitolina abbia proposto l’utilizzo di greggi ovine per mantenere sotto controllo il livello dell’erba nei grandi parchi romani.
Il malcontento non degenera mai, ma non sono poche le manifestanti che rafforzano anche il loro disappunto sull’operato della sindaca grillina, così da farle cantare “Fra buche ed ortiche, le donne ti sono nemiche”. In molte hanno gridato di “ridare la città ai romani e a chi è più competente” ed acceso dibattiti sugli eventi e lo stato in cui stagna la Capitale da due anni a questa parte. Una ragazza ha perfino detto sghignazzando amaramente “Non si è mai assistito ad una cosa simile, neppure ai tempi di Alemanno”.
L’aria che si respira è potente, un popolo in maggioranza femminile che piantona di fronte Palazzo Senatorio, quasi benevolmente osservato dalla statua in porfido rosso della Dea Roma. Ed è proprio da una delle finestre del Palazzo Senatorio che si intravede una figura femminile ondeggiare le braccia cercando di attirare l’attenzione dei sottostanti con il flash del cellulare. La folla se ne accorge ed esplodono grida di esaltazione ed un lungo applauso. Anche all’interno del Comune ci sono donne che parteggiano per la causa. Un gruppo si mette in cerchio e intonano canti alzando le mani sopra le loro teste, unendo i polpastrelli dei pollici e degli indici, nel mudra della Yoni, che simboleggia la vagina. Un’immagine fortemente evocativa e, agli occhi di alcuni, anche provocatoria.
La pioggia si attenua e le manifestanti più coraggiose chiudono gli ombrelli. Le presenti sono tutte disposte a lasciarsi fotografare e riprendere, nessuna si nasconde alla vista di un cellulare o di un obiettivo; e non per vanità esibizionistica, ma perché sono tutte decise a metterci la propria faccia e la loro identità.
Dinamiche, caparbie, belle ad ogni età, sono il ritratto di un’Italia tutta rosa che sa fare, sa dire, sa lottare. Non sono mancati però neppure i piccoli confronti generazionali. Una attivista di mezza età lamenta con le amiche attorno l’eccessiva presenza maschile. Un ragazzo, sentendola, le dice “siamo qua per voi”. La donna afferma subitaneamente un “non abbiamo bisogno di voi (uomini n.d.r.)”. Poco distante due ragazze appena ventenni intervengono. Mentre rollano una sigaretta, senza distaccare lo sguardo dall’operazione manuale, si rivolgono alla donna ed alle sue amiche: “L’autoaffermazione femminile è cambiata, le donne di oggi non sentono la necessità di lottare da sole, l’appoggio maschile è invece un forte segnale che il Femminismo è stato sdoganato anche al di fuori del Movimento, arrivando in strada e andando oltre le donne stesse”. Il gruppo più âgé replica: “Non esistono gli uomini femministi” ed anche “Siamo state noia a dare a voi la possibilità di essere qua oggi”. Una delle due giovani allora alza la testa, scuotendo la lunga chioma castana e dopo aver bagnato fra le labbra la colla per chiudere la sigaretta, si accende in un enorme e genuino sorriso: “Grazie, ma ora dovreste adattarvi alla presenza di uomini così intelligenti da capire che le lotte non sono più una questione di genere. Lo SCUM Manifesto è radicale e primitivo”. La donna sbuffa e si allontana con il suo seguito, le due ragazze si scambiano un “cinque”. Un sipario interessante che dipinge anche le divergenze fra le femministe del passato e quelle del presente, in un dibattito su un tema ancora molto acceso come la presenza ed il sostegno maschile nel femminismo. Ed in effetti la presenza di uomini con in mano i cartelli e gli striscioni, seppure significativamente inferiore a quella femminile, nel corso della manifestazione è decisamente aumentato.
Il cielo finalmente dà una decisa tregua senza stingersi di quel delicato grigio. Una giornata maggiolina fuori dall’ordinario. Mentre la manifestazione volge al termine e la Piazza del Campidoglio si va via via svuotando, prendo ulteriori appunti sul mio piccolo taccuino tascabile. Due donne mi avvicinano incuriosite. Chiedo loro di poter porre delle domande. “Non è un’intervista” le tranquillizzo. Si dicono contente della numerosa presenza di persone, fiduciose che il Comune non cancelli la storia e la presenza sul territorio della Casa Internazionale Delle Donne. Si sono conosciute là e si sono innamorate. Convivono assieme da oltre quindici anni. Mi confidano che in questo particolare panorama italiano si sentono un poco abbandonate dalle Istituzioni. Non solo: non si sentono sicure per strada, non protette in quanto donne e in quanto coppia omosessuale. Sperano in un radicale cambiamento della piega omofoba e misogina che sta divampando in Italia.
QUALCOSA SI MUOVE
Alla fine dell’incontro non sono tardati i comunicati di entrambe le fazioni sui social media. La Presidente della Casa Internazionale Delle Donne, Francesca Koch dichiara: “Non è andata bene per noi. Unica nota positiva è che la sindaca finalmente ci abbia incontrate. L’assessora al Patrimonio si è impegnata a non gomberarci fino a che c’è una trattativa in corso. Noi abbiamo chiesto di parlare del debito e delle nostre proposte di rientro”, prosegue Koch. “Ci hanno detto che stanno facendo le dovute verifiche, e che verremo riconvocate entro giugno”.
Dall’altra parte è la stessa Virginia Raggi a ribattere, tranquillizzando la cittadinanza che non ci sarà né sgombero, né chiusura per le associazioni femministe di Via della Lungara. Non arretra però sui propositi: “Rilanciare il progetto attualizzandolo rispetto alle mutate condizioni socio-economiche, urbanistiche e demografiche di Roma. Non vi è dubbio alcuno, infatti, che soprattutto nelle periferie vi siano condizioni di povertà molto più estese rispetto agli anni ’80; leggiamo quotidianamente di ragazze e donne bullizzate, maltrattate, violentate, ignorate, uccise.”
Un nulla di fatto in pratica ed ancora la spada di Damocle incombe sulla testa delle associazioni femministe. Qualcosa però si è mosso e ha scatenato una cordata di affetto e vicinanza alle protagoniste di questa vicenda tutta italiana. Il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti interviene a sostegno della Casa Internazionale Delle Donne, annunciando che la giunta regionale ha approvato un contributo straordinario di 90mila euro per finanziare servizi di consulenza di tipo legale, psicologico e per le altre attività offerte proprio dalle femministe nel complesso Buon Pastore. Certo, la mozione del M5S resta, così come il finale di questa storia resta ancora da scrivere.
L’ANTEFATTO
Alla fine degli anni ‘80 nasce nel cuore di Roma la “Casa Internazionale Delle Donne”, all’interno del palazzo seicentesco Buon Pastore in Via Della Lungara. In questi ultimi decenni diventa il polo delle femministe italiane, accrescendo di identità sia politica che sociale. Le attività svolte all’interno di questa associazione hanno permesso non solo il consolidamento del Movimento Femminista, ma da prestare servizi utili per la comunità. Una struttura aperta rivolta sia al territorio che alle persone, pronta ad accogliere donne in difficoltà, vittime di violenza domestica e della società. Da sempre attente alla comunicazione, hanno creato un nido di cultura portando al suo interno eventi teatrali e spazi artistici di ogni genere, sia figurativi che letterari (posseggono una biblioteca tutta al femminile). Offrono servizi di assistenza legale, psicologica e medica. Consulenze lavorative e sostegno per i propri diritti. Tutto questo senza finanziamenti pubblici: la vita della Casa Internazionale Delle Donne è sostenuta grazie all’autofinanziamento delle consorziate e delle associate.
Nel 2017 il Comune di Roma invia alla Casa Delle Donne un avviso di pagamento di 800mila euro, con la minaccia di procedura coattiva dell’edificio Buon Pastore. Le associate pur riconoscendo il debito, chiedono uno sconto portando (invano) un elenco di lavori di manutenzione e di servizi forniti gratuitamente alla società. Un memoriale che viene inascoltato. Giovedì 17 maggio 2018 in Campidoglio viene approvata dal Consiglio Comunale la mozione del M5S che consentirebbe al Comune di riappropriarsi del complesso del Buon Pastore. L’indignazione e il malcontento dilagano in rete portando a tutta Italia la sconcertante notizia. Si richiede un incontro tra le attiviste e gli assessori, al quale si presenta la stessa Raggi, in Via Del Tempio Di Giove.
Gufetto Magazine vuole esprimere tutta la sua stima per la Casa Internazionale Delle Donne, per il loro operato e per la loro importanza, sperando che tutto si risolva per il meglio, perché questa città ha ancora bisogno di queste donne che hanno davvero cambiato il volto sociale del nostro Paese.