Vedo Antonello Avallone da lontano. Lo incontro in centro a poco a piazza Navona. Difficile parlargli: il suo telefono è sempre occupato: valanghe di auguri lo fanno vibrare. Il 19 novembre è il giorno del suo compleanno. Per fortuna abbiamo un appuntamento al Caffè già fissato: la sua è una puntualità nota e matematica e su questo prevale il professore. Conosco molti attori che non perdono occasione per arrivare tardi, forse per il gusto (dopo) di inventare e recitare una scusa che suoni credibile. E di solito ci riescono: sanno arrivare tardi ed essere credibili nel racconto fantasioso: valanghe, dirupi e persino alieni al semaforo di via del Corso. Il traffico di Roma, scusa molto inflazionata, non piace agli artisti di Teatro.
Salvo: Ciao Antonello, come va?
Antonello: Male! Non so, dove mettere la macchina!
Siamo entrambi tentati, per un attimo, da quel posto libero ma tinto di giallo. Antonello oltre ad essere un buon attore è anche una persona per bene. Scherziamo su quella trasgressione mai commessa e un uomo garbato dentro la sua nuvola di fumo, dopo aver lungamente divorato e reso cenere il suo sigaro toscano, cede il suo posto, ma solo perché deve andare via. Non è altruismo, ma neanche ci speravamo. Avevo già prenotato un tavolo al Caffè non lontano. Ci sediamo, dopo aver schivato una fiumana famelica di turisti armati di scarpe da ginnastica e cellulare. Una volta andavano in giro con la macchina fotografica al collo. Ma i tempi sono cambiati, ed è proprio questa illuminante e ovvia considerazione che mi suggerisce la prima domanda. Nulla è preparato come vuole Avallone quando lo contatto il giorno prima per l’agognata intervista. Da attore di buona stoffa, ama improvvisare. D’altronde deve solo pescare nella vita: la sua. Gli appartiene.
Salvo: Oggi fai un compleanno importante. Settant’anni sono un bel traguardo. Quaranta passati sul palco. Com’è nata e quando è nata la tua passione per il Teatro?
Antonello: insegnavo a un Liceo Kennedy in centro: comodo per me, però a un certo punto dopo un po' di anni, perché a me piaceva fare quarto e quinto liceo, mi arrivò l’incarico statale e mi sbatterono in una scuola media di Lavinio, odiavo questa cosa anche perché era distante. All’epoca ero giovane e pimpante. A me piace il rapporto con i ragazzi. Serve. Per capire la matematica “serve” leggerezza, ironia. Questi ragazzi stavamo parlando dell'universo. Gli scrissi questa commedia: si chiamava “Natale sul lontano” cioè “lontano” era il nome di una stella, quindi un po' distante, e facciamo sta cosetta… così per farci rientrare dentro questi concetti e la facciamo a scuola. Ovviamente tutti i professori, la preside: «che bello, ma perché non lo fa anche con gli insegnanti» «be’ ma che facciamo…» Alla fine, per gioco, mettiamo su una commedia, tutti disgraziati, tutti i giorni a provare. Siamo sui ventinove anni, quasi tutti coetanei. E allora così giocando, facciamo “Non ti pago” di Eduardo De Filippo. E giocando, giocando, prendemmo il Teatro Orione di Roma perché c'eravamo subito montati la testa. Infatti è un Teatro di mille posti e c'erano solo cinquecento persone: noi “schifati”. «Ma che schifo… solo cinquecento persone sono venute a vederci!». Non li ho più visti tutti insieme in una serata tante persone…
Salvo: Non è vero: hai fatto anche di più!
Antonello: in effetti… (ride). Si vede che cercavano degli attori e mi dissero: «Ma guarda noi vogliamo scritturarti! Hai talento.» «Ma io sono un professore di matematica, “attore…” ma per carità» «No, ascolta, puoi fare l’attore perché hai delle doti naturali sul palco, ti muovi con grande disinvoltura» Ho fatto ‘sta prova… ho cominciato e non ho più smesso. Come ho detto: avevo trent’anni. Qualcuno mi diceva che ero bravo e gli ho pure creduto. Ed eccomi qui.
Salvo: cosa ti è rimasto di quelle prime esperienze?
Antonello: Molto! Moltissimo: ho capito che dovevo fare tutto tranne quello che cercavano di insegnarmi. Ho imparato tutto quello che non si deve fare, sia fuori che sul palco. Davvero un grande insegnamento: questo non lo farò, questo no, questo proprio no, questo assolutamente no, questo non si fa, è orrendo questo, questo cosìcosì. Poi nel tempo ovviamente studi. Ti Apri. Guardi gli altri
Salvo: Non hai più smesso…
Antonello: Non ho smesso più: ho messo su una compagnia mia e pianopiano bla… bla… bla… finché nel ‘92 è arrivato il Teatro dei Cocci; ci sono stato dodici anni. Poi siamo andati due anni alla Sala Umberto: grande fortuna, e intanto stavo già cercando un altro teatro. Ho trovato il Teatro dell'Angelo, nonostante costasse diciottomila euro al mese ci siamo stati dodici anni, c'è qualche buffetto, sì, ma se pensi Salvo che soltanto di affitto gli ho dato due milioni in dodici anni! Non so dove li ho trovati, però sono uscite molte, molte, cose belle!
Salvo: Un ricordo per tutti?
Antonello: ricordo tante cose… be’ sì, in particolare, se vuoi, una a caso: il mio compleanno, c'era Elena Sofia Ricci e c'era Franco Nero, c'era Massimo Wertmuller, poi tanti ospiti. Una bellissima serata…
Salvo: come spettacoli invece. Quale hai nel cuore?
Antonello: abbiamo avuto Milena Vukotic, con lei ho fatto “Regina madre”. Ho avuto Debora Caprioglio e poi Alessandro Benvenuti. Molti nomi nazionali. Allora era normale: si rischiava insieme.
Salvo: Ricordi un altro spettacolo con particolare affetto? So che in quarant’anni di carriera non deve essere semplice scegliere, selezionare. Sono un po’ tutti figli tuoi…
Antonello: Questa frase l’ho già sentita! (ride). Ecco forse “La Dea dell'amore” di Woody Allen: per un fatto proprio affettivo di aver avuto questo permesso da Allen. Oddio ne ho avuti due anche da Magni…
Salvo: Quanto ti fa piacere, se ti fa piacere, essere definito il Woody Allen italiano?
Antonello: Va bene, sì, mi fa piacere, ovviamente mi fa piacere, ma per fortuna non è solo quello… perché faccio tante altre cose, di altro genere, molto diverso e quindi va bene così. Quando è uscito, la storia di essere l’Allen italiano, la prima volta, i primi anni, certo che mi faceva molto piacere, adesso mi fa piacere ancora ma forse in maniera più misurata. Anche se il prossimo anno lo rifarò. Mi piace essere apprezzato in genere come un attore di prosa…
Salvo: cosa rifarai di Allen?
Antonello: ho comprato i diritti di una divertente Commedia. Ma non… non lo so!
Salvo: Non sei convinto?
Antonello: Sono in dubbio Forse la faccio, forse no! forse sì… La commedia è “Central Park West” Ci vuole un grandissimo impegno a fare un'animazione teatrale.
Salvo: c'è mai stato un attore a cui ti sei ispirato?
Antonello: Al Pacino con la voce di Giannini
Salvo: Li guardi i film in lingua originale?
Antonello: non potrei, i sottotitoli mi distraggono
Salvo: Domani debutti per la duecentesima replica di Novecento. Una data importante, è il tuo compleanno e lo festeggi con chi ti ama e apprezza alla storica Sala Umberto. C’è una trucco. Duecento repliche non sono poche…
Antonello: trucchi? “studio” ho studiato, non la memoria, ho studiato come… come renderlo “non noioso” pur rimanendo un'ora e venti sul palco, da solo… Dopo tutte queste repliche, posso dire che non è noioso! continuamente ci studio sopra, è sempre un discorso di scelta di ritmi, di cambio di ritmi, di colori, di un tentativo di mettere tutto il sentimento possibile dentro quello che faccio per renderlo giusto. Cerco di farlo a tempo di jazz, credo che questo sia vero perché mi sono un po' appoggiato sulle mie piccole conoscenze della batteria che suonavo, quindi credo di avere un certo ritmo, usare le parole in un certo modo, ecco questo è il trucco!
Salvo: ritmo…
Antonello: sì, Salvo: sillaba per sillaba come su di uno spartito. Semplicemente cercare una musicalità delle parole oltre all'intensità che ci deve essere
Salvo: un perfomance musicale
Antonello: un discorso musicale non ripetitivo
Salvo: usi molto il corpo: c'è una scena bellissima, da manuale del Teatro: quando fai finta di suonare la tromba!
Antonello: quella è pericolosissima, mi giro di spalle, mentre faccio finta con il libro di toccare un tasto e il tecnico nello stesso istante mi deve mandare la prima nota, se non arriva faccio una figura…
Salvo: sembra che suoni davvero la tromba
Antonello: quando mi giro di nuovo verso la platea perché ho finito di simulare queste note che il trombettista fa, sono stanco davvero perché mi manca il fiato
Salvo: soffi davvero…
Antonello: sì, perché sennò sarebbe fredda. Spingo il fiato dentro a questa ipotetica tromba, muovo le dita, quando ho finito sono a pezzi. Ho il fiatone!
Salvo: sei in torunèe in Italia con il “Berretto” ovvero la storia del “becco più famoso del Teatro. Hai comprato i diritti di una commedia di Allen che parla di corna. Ossessione personale o solo perché è un tema ricorrente?
Antonello: be’ direi di sì: quanto è stato scritto sul tradimento…
Salvo: è un tema molto presente in Sicilia, Pirandello sposta l’ago sul rispetto più che sulle corna, sull'onore. Il tradimento è quasi messo in secondo piano. Ciampa lo teme e se lo aspetta: è un uomo vecchio di quarantacinque anni, come scrive Pirandello nella didascalia…
Antonello: sì, certo l’onore, ma Ciampa soffre molto comunque
Salvo: cosa vuoi dire ai giovani attori o aspiranti…
Antonello: di studiare anche a scuola. Conosci venti parole e va bene. Bisogna leggere i testi, non dire che faccio l'attore basta. Bisogna aver studiato prima, usare un po' la testa. Li vedo, i giovani, tutti col telefonino quindi… poi ci sono le eccezioni per carità
Salvo: il futuro è solo il musical?
Antonello: Non so che dirti…
Salvo: dicono pure, forse sempre gli stessi pessimisti, che il teatro morirà…
Antonello: non credo, spero di no. A me fa’ più paura vedere chi si fa bello sui social o in giro. Sono tutti sold out e tutti hanno successi strepitosi. Sono sconvolto. Eccezionale! Tutti grandi artisti romani. Sono strabiliato…
Salvo: Cosa mi dici del teatro sperimentale?
Antonello: niente. Non sono preparato. Che tipo di esperimenti fanno?
Salvo: Speravo mi illuminassi, in effetti sono d’accordo. Gli esperimenti riuscivano meglio a Edison! Quando ti vedremo a parte domani alla Sala Umberto con questo appuntamento da non perdere?
Antonello: allora… be’, ci vediamo domani, poi il 27 devo andare a San Casciano dei Bagni: faccio Novecento, poi torniamo col “Berretto a sonagli” e andiamo a Legnano dovrei fare una serata d'onore per Enzo Garinei…
Finisco l’intervista e la mia magnifica Overdose di sano Teatro che mi ossigena le vene. Anzi «mi frigge le vene…» per dirla alla Ciampa quando risponde a Beatrice. Antonello finisce il suo cappuccino chiaro e cornetto che ama consumare anche a ore insolite. Poco normali. Ma a me non piacciono le persone troppo ordinarie. A quel tavolo del centro dalle zampe di ferro e leone, m’arriva un odore forte di bonomia e passione onesta per il Teatro di qualità e per la vita. Buon compleanno Antonello.