“You could be from Venus, I could be from Mars”. E davvero poteva sembrare talvolta di essere volati verso altri mondi durante il concerto degli AIR nel teatro romano di Ostia Antica questo lunedì. La cornice di pini ad abbracciare palco e platea, le ultime fioche luci del giorno, gli specchi sul palco disposti a mezza luna a fare da tela alle luci della serata.
Venus ad apertura ha illuminato di sonorità cosmiche l’aria, precipitando immediatamente il pubblico nelle tipicità del duo francese. Rapimento di luci per quello che è forse il pezzo più nostalgico. A seguire Don't be light, con la quale il ritmo è divenuto incalzante, per tornare ad alleviarsi con la romantica Cherry blossom girl. E così per tutto il corso del concerto, atmosfere calme e sognanti si sono alternate a momenti di maggiore intensità, nel dipanarsi di una scaletta che ha incluso i brani più famosi della band, brani contenuti nella raccolta Twentyears, uscita lo scorso anno per celebrare i vent'anni dagli esordi.
Momenti di profonda atmosfera durante Playground love e How does it make you feel, sicuramente tra i pezzi più attesi dalla platea assieme alla conclusiva vigorosa Kelly watch the stars. Dimensione sospesa infine quella della immaginifica Alone in Kyoto.
Nulla di autoreferenziale i musicisti si sono concessi, poiché proprio nella sinergia hanno espresso la loro amalgama sonica. Una placenta fluttuante nella quale ogni intervento è stato mirato a stratificare suono per suono e a farlo crescere organicamente. Non sono mancate sequenze dal piglio vivace, come le bordate sferrate dal batterista, cardiaco e trasognato all'elettronica quanto agile e risoluto all'acustica, nella quale ha dispensato fill rocciosi e in rapida sequenza, sempre affidabile come un motore tedesco.
Nicolas Godin ha cesellato linee di basso granitiche e sinuose al tempo stesso, un filo distorte ma splendidamente intellegibili, cicliche e coese. Elegante alla chitarra, si è diviso come conveniva tra banjo, tastiere e canto vocoderizzato. Jean-Benoît Dunckel ha fatto la sua gran parte ai sintetizzatori, giocando con la voce nei cori.
Nonostante l'ingombrante componente tastieristica, tra Korg Ms20, Moog e piani elettrici, come sempre con gli AIR il suono d'insieme non cede mai alle mollezze tipiche dell'elettropop ed evita i luoghi comuni, facendo dei loro riferimenti culturali un delicato collage, che li decontestualizza e li rianima. Per questo sono gli AIR, ricchi di un retroterra senza frontiere, che include tutto, ma che rielabora in leggerezza!
Se dagli AIR ci si aspettava ciò che sono stati, sorpresa della serata sono stati invece i Parcels, che hanno aperto il concerto. Pulsanti ed attenti agli ultimi ritrovati della scena math, i giovani ragazzi australiani hanno alternato funk alla Chic, impasti vocali degni degli Everything everything , esuberanza ritmica e incastri start & stop millimetrici. Impeccabili nell'esecuzione e nella sincronia, sembravano lavorare per sottrazione, senza sovrapporsi l'uno all'altro. Ne è derivata una musica che si è moltiplicata esponenzialmente nella frattura della cellula ritmica, restando però legata dal lavoro delle voci che il tutto ha ben ricucito. Batteria che ha calcato sedicesimo per sedicesimo, cassa dritta e si è entrati subito in pista. La chitarra a ricordare Nile Rodgers, ma strizzando l'occhio ai Beatles. Ottimo e fantasioso il lavoro delle tastiere, sia per suoni che per arrangiamenti.
Sicuramente quella di lunedì è stata una serata magica anche per i giovani aussies, che con volti estasiati non hanno smesso un attimo di guardarsi attorno e, lodando la perfetta acustica del luogo, hanno definito il teatro di Ostia Antica il luogo più bello nel quale abbiano suonato.
La scaletta degli AIR ad Ostia Antica, 24 luglio 2017
Venus
Don't Be Light
Cherry Blossom Girl
J'ai dormi sous l'eau
Remember
Playground Love
People in the City
Radian
Alpha Beta Gaga
Run
Talisman
How Does It Make You Feel?
Kelly Watch the Stars
Alone in Kyoto
Sexy Boy
La Femme d'Argent