Ci sono eventi che già sai fanno parte della tua vita e che ogni anno aspetti… appuntamento che aspetti perché sai che hai bisogno di quelle immagini per completare e ampliare la visione che faticosamente ti fai sviando le “false informazioni”. Tra questi senza dubbio il WORLD PRESS PHOTO 2017, per la prima volta ospitato nelle sale del Palazzo delle Esposizioni fino al 28 Maggio, organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con 10b Photography. Ogni anno, da più di 60 anni, una giuria di esperti è chiamata a selezionare le migliaia di domande giunte alla Fondazione Press Photo di Amsterdam; di seguito il Premio World Press Photo, il più importante riconoscimento di fotogiornalismo, e la mostra che li espone ogni anno in 100 città e 45 Paesi, raggiungendo un pubblico globale di circa 4 milioni di persone, perseguendo lo scopo della fondazione sulla divulgazione dei fatti storici e sociali del nostro tempo.
Per l'edizione 2017 le immagini sono state 80.408, inviate da 5.034 fotografi di 125 nazionalità che hanno portato la giuria indipendente a premiare 45 fotografi provenienti da 25 paesi suddivisi in otto categorie (a loro volta divise in singles e stories). Come sempre messi in fila questi numeri fanno un certo effetto, soprattutto pensare che davanti ad ognuno di questi scatti (che a loro volta fanno parte di una selezione precedente) sia celata sempre la storia di un essere umano, che essa sia difficile, dolorosa o di speranza, e che dietro l’obiettivo, anche lì, si cela la storia di un altro essere umano, il fotografo, chiamato a documentare un avvenimento diventano spesso parte di esso perché questo è il reale compito del fotoreporter.
So già varcando la soglia del Palazzo che quello che mi aspetta e una realtà dura, dolorosa, che in tanti, per tutela personale, preferiscono non conoscere, perché quello che traspare è come purtroppo si ripete ogni anno lo stesso scenario… che siano i bambini di Mousul con un terrore negli occhi che non si può raccontare, gli sguardi disperati di quei migranti che abbiamo imparato a conoscere, di guerriglieri dell’Isis fatti prigionieri che non vivranno ancora a lungo o di un Rinoceronte che sembra solo addormentato dopo che è stato ferito a morte per portargli via il suo prezioso corno, la domanda è sempre la stessa? Perché? Perché l’uomo è stato dotato di questa capacità di distruggere il suo simile e il suo intorno con tanta facilità? Dove e quando è fallito il processo di uguaglianza e rispetto? E la mia unica risposta è che forse non c’è mai stato, la grande falla dell’essere umano, macchina perfetta, risiede proprio nella sua testa, organo troppo spesso pieno di rabbia e violenza.
Lo scatto premiato quest’anno è del fotografo Burahn Ozbilici “An Assassination in Turkey”, scattato durante l’uccisione
dell’ambasciatore russo in Turchia, Andrei Karlov, da parte dell’ex poliziotto Mevlut Mert Altintas durante l’inaugurazione di una mostra. Alla freddezza e al coraggio del fotografo, si deve la testimonianza di uno dei momenti drammatici del nostro recente passato, ed oltre alla foto tristemente nota, il reportage racconta tutte le angolazioni di quel drammatico momento; non solo i due protagonisti, vittima e carnefice, la prima ripresa un attimo prima della sua uccisione con il suo assassino alle spalle pronto a portare a termine la sua missione. Ma anche gli avventori presenti che, loro malgrado, sono diventati parte della performance. Quello che traspare, troppo spesso, è la sensazione di assistere ad una messa in scena, ad una rappresentazione di un copione, tutto troppo perfetto nella sua crudeltà per sembrare frutto di un (forse) isolato essere umano.
Molti gli italiani premiati e fra i tanti due rapiscono la mia attenzione; il primo fa parte della categoria Sport-Stories. E’ la storia che ci racconta Giovanni Capriotti “Boys Will Be Boys Sports” (first prize stories), la prima squadra di rugby gay-friendly a Toronto, Canada, Muddy York Rugby Football Club, fondato nel 2003, e della loro capacità di superare lo stereotipo che vuole il rugby sport per soli “uomini” come se le prestazioni fisiche fossero collegate all’orientamento sessuale e non alla preparazione atletica.
Accanto l’immagine simbolo delle scorse Olimpiadi di Rio di Kai Oliver “Rio's Golden Smile Sports” (third prize singles), con Bolt che mentre supera gli avversari e vince con un tempo inimmaginabile ha anche la sfrontatezza di girarsi verso i fotografi e sorridere; la bellissima testimonianza di come lo sport diventa forma di rivincita sulle difficoltà con la storia di Lindsay Hilton nelle immagini di Darren Calabrese “Adaptive Athlete” (Sports, third prize stories), atleta nata senza braccia e gambe che ha raggiunto risultati eccezionali nella pratica del CrossFit.
E fra loro l’immagine delle bambine di Wang Tiejun “Sweat Makes Champions” (Daily Life second prize singles), quando lo sport diventa ossessione, l’allenamento intensivo ed estenuante nella Cina odierna cui sono sottoposti i bambini.
E di contro la bellissima storia che ci racconta Francesco Comello “Isle of Salvation” (Daily Life, third prize stories) una comunità spirituale e educativa in Russia, tra Mosca e Yaroslavl. Fondata negli anni '90 da un prete ortodosso e inizialmente comprendeva circa 30 persone, dedite a vivere una vita sana, ora si occupa di bambini con problemi familiari o sociali. Accoglie circa 300 ragazzi e ragazze, vivono senza TV, internet e nessun denaro in circolazione – tutti sono considerati i mali della società; vivono dedicandosi a Dio, alla patria e allo sviluppo spirituale e fisico, lavorando la terra. Potrebbe sembrare una prigione vista da fuori, ma il fotografo ci racconta come al suo interno vigono una serenità ed un rispetto senza pari, una cultura e cura nella formazione di questi giovani che fa di questo luogo realmente un’isola felice.
Come ogni anno entro nel luogo che ospita questa mostra/evento consapevole che non posso e non se ne può uscire nello stesso modo, quel tempo passato ad esaminare le immagini lascerà per forza un sentimento diverso dentro e quello che la caratterizza anche quest’anno è la sofferenza, che essa sia legata direttamente o meno alle guerre sparse nel mondo. Mi porterò via gli occhi pietrificati di Maha, bambina sfuggita alla guerra ospite nel campo profughi di Debaga nell'Iraq nordorientale, di Magnus Wennman “What ISIS Left Behind” (People, first prize singles), il dolore che traspare è paralizzante, talmente forte quello che quei piccoli occhi hanno visto da non avere più neanche la forza di piangere o muovere un muscolo… da riflettere, per tutti coloro che dicono che dovevano rimanere dove erano!
Foto credit:
Foto copertina: Francesco Comello Italy. Isle of Salvation. Daily Life, third prize stories. October 5, 2015. Maria and Alexandra help harvest potatoes. They have become inseparable friends.
Foto 1: Brent Stirton South Africa. Rhino Wars. Nature, first prize stories. May 20, 2016. A black rhino, poached for its horn, is found dead at Hluhluwe Umfolozi Game Reserve, South Africa. It is suspected that the killers came from a local community approximately five kilometers away, entering the park illegally, shooting the rhino at a water hole with a high-powered, silenced hunting rifle.
Foto 2: Burhan Ozbilici.Turkey. An Assassination in Turkey. World Press Photo of the Year, first prize singles. December 19, 2016. Mevlüt Mert AltıntaÅŸ shouts after shooting Russian ambassador Andrey Karlov, at an art gallery in Ankara.
Foto 3: Burhan Ozbilici.Turkey. An Assassination in Turkey. Spot News, first prize stories. December 19, 2016. The Russian ambassador to Turkey, Andrey Karlov, speaks at an art gallery in Ankara.
Foto 4: Giovanni Capriotti Italy. Boys Will Be Boys. Sports, first prize stories. May 29, 2016. Muddy York’s Michael Smith carries the ball in a match against the Nashville Grizzlies, during a semi-final of the Hoagland Shield, in Nashville, Tennessee, USA. The Grizzlies won 15-0.
Foto 5: Wang Tiejun China. Sweat Makes Champions. Daily Life, second prize singles. July 15, 2016. Students of a gymnastics school in Xuzhou, China, do toe-pressure training for 30 minutes in the afternoon.
Foto 6: Magnus Wennman Sweden. What ISIS Left Behind. People, first prize singles. September 18, 2016. Maha (5) is comforted by her mother, in Debaga refugee camp in northeastern Iraq.
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