Wiltshire B4 Christ & Tomorrow Is the Question: doppio appuntamento @ Centro Pecci

Dal 19 aprile 2019, il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci ospiterà due nuovi progetti in un doppio appuntamento: Wiltshire B4 Christ di Jeremy Deller (vincitore del Turner Prize 2004, in collaborazione con il marchio di streetwear Aries e il fotografo di moda David Sims), una mostra che comprende una capsule collection in edizione limitata e un libro di siti archeologici della Gran Bretagna, e la trilogia Tomorrow is the Question di Rirkrit Tiravanija, uno degli artisti più influenti della sua generazione che ha formato il suo background conducendo un’esistenza nomade tra New York, Bangkok e Berlino.

Il progetto Wiltshire B4 Christ nasce dalla collaborazione tra l’artista vincitore del premio Turner Jeremy Deller, il fotografo David Sims e il marchio di moda Aries, attraverso la figura del suo direttore creativo Sofia Prantera. 

La mostra che abbraccia arte contemporanea, moda e fotografia, è stata inaugurata presso The Store X di Londra nel gennaio 2019. Incentrata sul sito di Stonehenge e  su altri siti di rilevanza storica del Regno Unito, Wiltshire B4 Christ narra di un modo molto diverso di approcciarsi alla storia antica mutuando simboli e grafismi neolitici per catapultarli nella realtà attuale, grazie anche al motto “make archeology sexy again.”

La genesi della mostra risale ad un progetto di grafica per delle magliette, che inizialmente si basava sull’elaborazione di simboli fortemente identificativi come Stonehenge, per poi evolversi in un progetto più complesso, comprendendo l’idea di una collaborazione con un fotografo di moda che potesse fare foto alle magliette direttamente nei luoghi prescelti. L’intento era quello di fare arte accessibile, ma allo stesso tempo non banale, attraverso un merchandise ideato e prodotto dallo stesso artista, e venduto nel luogo della mostra.

Video, installazioni, teche in plexiglass contenenti oggetti e capi di abbigliamento, un libro/guida per i siti neolitici della Gran Bretagna con mappe aeree, diagrammi ed illustrazioni, accolgono i visitatori per la prima parte dell’esposizione. Dopo aver ammirato, anche in maniera volutamente casuale, la sala principale, si prosegue attraverso una foresta composta da alberi stilizzati, sui cui rami spuntano colorate t-shirt come strani frutti. Chiude il percorso una video installazione, composta da sei schermi (tre orizzontali posizionati su altri tre verticali, interrotti al centro da un’emoji sorridente), i quali proiettano fotografie delle modelle che posano direttamente sul sito archeologico, indossando l’abbigliamento firmato dall’artista. E’ un progetto che ridefinisce il modo di intendere la cultura britannica attraverso l’esplorazione di identità, tempo e luogo. Lo schiaffo in faccia alla cultura anglosassone è potente, in quanto mette in discussione il forte valore identificativo espletato da Stonehenge: grazie all’analisi del DNA di alcuni resti, è stato stabilito che il monumento fu eretto da popolazioni dell’Egeo non autoctone, fatto che contraddice il concetto di identità come ascritta e fondata sulle origini. Così pure la Highway A303 per Stonehenge, risulta essere una strada costruita dai romani e implementata nel tempo grazie al contributo di immigrati polacchi e irlandesi.

Tutto ciò serve a destabilizzare la prospettiva limitata del concetto di identità ed a mettere in evidenza come queste icone siano invece il risultato di influssi diversi, un crocevia di diverse culture: un caleidoscopio in cui i pezzetti di vetro colorato si combinano in una struttura unitaria, e usato come mezzo per focalizzare l’attenzione del pubblico su un tema estremamente attuale.

L’appartenenza a un popolo o ad un’etnia non deve essere il criterio principe per determinare la propria identità; essa non può essere data dall’inclusione in confini geografici che ci assegnano diritti ed appartenenza per nascita. L’appartenenza è un sentimento, qualcosa che ha a che fare con la memoria, con le emozioni, ma anche e soprattutto può essere una scelta che poco ha a che vedere con il luogo d’origine.

Tale rappresentazione mantiene comunque in prospettiva una chiave di lettura pop. A questo proposito Deller afferma: “Stonehenge potrebbe essere un luogo tra i più famosi al mondo. La sua silhouette è più riconoscibile di qualsiasi altra cosa in Gran Bretagna, tolta forse la Regina,” un’affermazione che non può non trovarci concordi. Esiste infatti qualcosa di più pop di questi simboli? I simboli non si allontanano dai codici quotidiani e oggi sono utilizzati come modo di comunicazione semplice e diretto ma allo stesso tempo profondo. Così anche il pene disegnato dall’artista su abbigliamento e gadget, diventa un simbolo visivo identificativo immediatamente riconoscibile di un particolare prodotto: il monumento di Stonehenge. Esso diviene un logo, il mezzo principale per comunicare i propri valori e per rendere unica e riconoscibile la propria immagine. Questo logo deve racchiudere in sé tutti questi elementi e trasmetterli al meglio, ed è a questo punto che il simbolo diventa brand.

Arte e moda per l’artista  sono un connubio che può funzionare, in quanto la moda si può commercializzare in funzione di supporto per il progetto artistico.

Dopo aver visitato la mostra è possibile acquistare il merchandise, una capsule collection che riproduce le opere di Deller e Aries. A Londra gli oggetti erano acquistabili direttamente nell’installazione (la Shopexhibition), a Prato invece, i gadget saranno disponibili per tutta la durata della mostra presso il book store del museo.

Tomorrow is the Question è il titolo della mostra che raccoglie tre progetti di Rirkrit Tiravanija (Buenos Aires, 1961). Untitled (Remember JK, Universal Futurological Question Mark U. F. O.) è una fotografia che ci accoglie appena saliamo le scale e che segna l’inizio della visita. Nella foto possiamo vedere un gruppo di persone disposte a formare un grande punto interrogativo nella Piazza delle Carceri di Prato.

Il punto interrogativo è anche il simbolo archetipo del dubbio, il quale ci invita a riflettere sulla relazione dell’individuo con la collettività e attraverso cui diviene pressante la questione dell’individualità.  Gli interrogativi che nascono dal dubbio sono pervasi da una profonda incertezza che permane in tutta l’esistenza, ma sono altresì indice della consapevolezza dei propri limiti. Qui il dubbio è vissuto come foriero di opportunità, che possono nascere solo dal confronto e dall’incontro, e che ci rendono in grado di ampliare e accrescere le prospettive di partenza. Il percorso prosegue obbligato, portandoci nello spazio che ospita l’opera successiva. 

Tomorrow is the Question è anche il titolo dell’installazione che presenta otto tavoli da ping-pong con la scritta  “domani è la questione.”

L’opera fa un richiamo concettuale all’artista cecoslovacco Július Koller, che è al contempo un’ispirazione e una fonte creativa per Tiravanija. Il rimando è alle opere di Koeller Ping Pong Society (1970) e Ping-Pong Monument (UFO) del 1971, ma viene in mente anche Ping-Pong Go-Round dell’artista di Singapore Lee Wen.

L’installazione di Rirkrit Tiravanija è accessibile a tutti ed è a fruizione gratuita. Subito si presenta al pubblico la distesa dei tavoli da ping-pong, un richiamo irresistibile alla nostra parte ludica che troppo spesso teniamo sopita in favore delle convenzioni sociali. Nonostante l’ambito strettamente culturale in cui ci troviamo, si rompono gli indugi e gli schemi e si inizia il gioco, in una girandola di passaggi che coinvolgono subitaneamente adulti, bambini, partecipanti e spettatori. L’opera diviene una forma di scambio tra il pubblico e l’artista, il quale piuttosto che un creatore di oggetti, diventa un mediatore, una persona che rende possibile l’attuarsi del suddetto scambio. Il lavoro non predilige la performance ed è in contrasto con l’arte concettuale che tende a privilegiare il processo mentale a discapito della forma; qui l’oggetto è parte integrante del processo, diventa un vettore di relazione, dove collettività istantanee prendono il posto di una mancata rete sociale, ridotta sempre più dallo spegnersi delle interazioni fra individui. La sinergia, gli avvicendamenti serrati e la partecipazione costante sono condizioni imprescindibili onde evitare l’interruzione della partita e la conseguente fine della relazione che intercorre fra i partecipanti

Fear Eats the Soul, è una bandiera che sventola sul selciato davanti al museo e che possiamo osservare affacciandoci da una delle finestre-oblò della sala. Riporta la scritta “La paura mangia l’anima” citando il titolo del film di Rainer W. Fassbinder “Angst essen Seele auf “ del 1973 (in cui si narra l’amore tra una donna delle pulizie tedesca e un operaio marocchino), che sottintendendo implicitamente la paura ancestrale che l’essere umano ha del diverso e del confronto con gli altri, diviene simbolo della lotta contro xenofobia e razzismo.

Le installazioni di Rirkrit Tiravanija, sono dinamiche, fondano la loro essenza sulle connessioni fra elementi dell’arte tradizionale, come gli oggetti e la partecipazione del pubblico, e altre forme di interazione sociale. Essendo la sua arte essenzialmente fondata sulle relazioni, utilizza come elemento imprescindibile il movimento, tramite il quale favorisce le corrispondenze e promuove nuove reti sociali. Il principio di reciprocità porta l’arte di Tiravanija oltre la performance, dando vita ad opere concettuali che vanno contro la concezione chiusa della pratica artistica, e si rivolgono invece ad interlocutori e destinatari chiamati all’azione per valicare i confini sociali dell’arte, creando nuovi modi per superare la divisione tra pubblico e privato.

Secondo Tiravanija “It is not what you see that is important, but what takes place between people,” in sostanza più di ciò che viene rappresentato, è importante ciò che accade tra le persone: una situazione di incontro o di relazione sociale, quella che Nicolas Bourriaud chiama arte relazionale. Bourriaud, analizzando le relazioni umane, teorizza il fatto che esse non siano più vissute direttamente, ma siano portate ad essere confuse e i rapporti interpersonali impoveriti. Il legame sociale diviene dunque un fatto standardizzato, legato ad un percorso immutabile. Le interazioni complesse tra persone si tengono all’interno di spazi precostituiti e codificati, perciò l’arte relazionale si impone di aprire passaggi, stabilire connessioni tra livelli separati e precostituiti, uno spazio interstiziale che inserendosi in un sistema ordinato, suggerisce altre possibilità di scambio e di discussione. 

 

DIDASCALIE

1-3. Foto mostra Wiltshire B4 Christ.

4. Rirkrit Tiravanija, Senza titolo (Ricordando JK, Universal Futurological Question Mark U. F. O ., Piazza delle Carceri, Prato) 2019 / Untitled (Remember JK, Universal Futurological Question Mark U. F. O., Piazza delle Carceri, Prato) 2019. Veduta della mostra al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 2019 / Exhibition view at Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 2019. Foto/ Photo©Ela Bialkowska / OKNO Studio. 

5. Rirkrit Tiravanija, Senza titolo (il domani è la questione) / Untitled (Tomorrow Is the Question) 2019. Veduta della mostra al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 2019 /Exhibition view at Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 2019. Foto/ Photo©Ela Bialkowska / OKNO Studio.

6 . Rirkrit Tiravanija Senza titolo (La paura mangia l’anima) / Untitled (Fear Eats the Soul) 2019. Veduta della mostra al /Exhibition view at Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 2019. Foto/ Photo©Ela Bialkowska / OKNO Studio.

 

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci

Viale della Repubblica, 277, 59100 Prato PO, Italia

www.centropecci.it

 

MOSTRE

Wiltshire B4 Christ 19 aprile—21 luglio 2019

Tomorrow is the Question 19 aprile—25 agosto 2019

 

ORARI d’APERTURA

tutti i giorni 10-20, venerdì e sabato 10-23, chiuso il lunedì

 

BIGLIETTI

Ingresso gratuito ogni prima domenica del mese (ore 10.00-15.00)

Dall’8 maggio al 6 giugno 2019 ingresso ridotto a 5 euro. 

Intero € 10

Ridotto € 7

  • Sotto i 26 anni e sopra i 65 anni
  • Gruppi organizzati (min. 12 persone) con prenotazione
  • Studenti
  • Soci UniCoop Firenze
  • FAI, soci Touring Club
  • Possessori Edumuseicard
  • Abbonati Trenitalia (abbonamento regionale Toscana annuale, mensile, settimanale)
  • Viaggiatori Trenitalia (su presentazione del biglietto regionale di corsa semplice)
  • Viaggiatori CAP (su presentazione del biglietto di corsa semplice)
  • Possessori di un biglietto acquistato presso i cinema Uci e Omnia Center (la riduzione sarà applicata per i biglietti del cinema presentati entro un mese dalla data della loro di emissione)
  • Possessori di “Palazzo Grassi & Punta della Dogana Card” e loro accompagnatori (young, individual e dual).

Ridotto 50% € 5

Insegnanti e studenti universitari di materie artistiche, architettoniche e delle Accademie di Belle Arti

Omaggio

  • Sotto i 6 anni
  • Soci del Centro (+ sconto 10% bistro e bookshop)
  • Possessori Pratomusei Card
  • Possessori Firenze card
  • Soci dei musei convenzionati: Castello di Rivoli – Museo di Arte Contemporanea, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Galleria d’Arte Moderna e contemporanea di Bergamo, MART – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Peggy Guggenheim Collection. I soci dei musei convenzionati hanno diritto ad uno sconto 10% sulle pubblicazioni del Centro Pecci
  • Amici del Museo Pecci
  • Visitatori con disabilità + accompagnatore
  • Giornalisti
  • Soci ICOM (+ sconto 10% catalogo e merchandising)
  • Guide turistiche nell’esercizio della loro attività professionale
  • Ai soggetti che ne facciano richiesta per periodi determinati per ragioni di studio e di ricerca finalizzate alla pubblicazione, attestate da istituzioni scolastiche o universitarie, da accademie, da istituti di ricerca e di cultura italiani o stranieri, da organi del Ministero per i Beni e le Attività culturali.

Per maggiori informazioni, si consiglia di visitare il link https://www.centropecci.it/it/visita/biglietti

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