SEBASTIàƒO SALGADO >> EXODUS. In cammino sulle strade delle migrazioni @ Pistoia, Palazzo Buontalenti e Antico Palazzo dei Vescovi

Pistoia dedica una mostra al fotografo Sebastião Salgado: le 180 fotografie di Exodus sono a Palazzo Buontalenti e nell’Antico Palazzo dei Vescovi fino al 14 giugno 2020. Profughi e rifugiati dei cinque continenti raccontano la loro storia.

La curatrice, Lélia Wanick Salgado, moglie dell’artista, ha scelto di esporre due lavori del marito, In cammino e Bambini in cammino, entrambi progetti realizzati nel corso degli anni Novanta. L’intento è quello di sottolineare le analogie tra le odierne migrazioni e quelle di trent’anni fa. Cos’è cambiato in questo lasso di tempo? La mostra sembra alludere a una risposta semplice quanto disarmante: il nostro sguardo. Oggi nei discorsi politici del mondo ricco non c’è più spazio per la pietas che un tempo non troppo lontano faceva commuovere alla vista delle vittime di guerra. Perché ora, denuncia Salgado, questo stesso mondo di privilegiati invoca la costruzione di muri e rifiuta l’altro, lo xenos, avvertito come un pericolo per il proprio benessere. Eppure si tratta di quella stessa fetta di umanità che negli anni Novanta chiedeva o almeno auspicava la fine degli efferati massacri nella ex Jugoslavia, del genocidio ruandese o della dittatura talebana. L’autore e la curatrice concepiscono la mostra come un memento a quella compassione che gli antichi esaltavano nel pianto del re dei Feaci o della regina di Cartagine, quella compassione di cui oggi si sono perse le tracce.

Sebastião Salgado è oggi uno dei più celebri fotografi al mondo. La sua formazione in ambito economico e statistico è all’origine del suo approccio sociologico, tanto che nel 1994 lascia la Magnum Photos di Capa e Cartier-Bresson per fondare con la moglie la Amazonas Images. Comincia la sua ricerca incentrata sulla documentazione umanitaria e sociale. Osservando le fotografie di Salgado viene alla mente Kapuscinski, il giornalista polacco che racconta la grande storia a partire da quella piccola, di cui è protagonista il singolo individuo con i suoi drammi, ma anche con un grande sogno di libertà. Allo stesso modo Salgado testimonia eventi epocali senza mai dimenticare lo sguardo del bambino, della famiglia o del gruppo di giochi che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.

La sua opera vuole ricordare oggi che il volto della bimba palestinese, ritratta nel 1997 mentre il sorriso fa capolino tra veli e ricami tradizionali, sarà oggi diventato quello della giovane madre di altri fanciulli in attesa di una risoluzione del problema palestinese, popolo privato della terra e condannato all’apolidia. La mancanza di un luogo che si possa chiamare casa accomuna i bambini palestinesi a tanti altri che Salgado ha incontrato nei suoi viaggi in giro per il mondo. Dal 1993 al 1999 il fotografo brasiliano ha intrapreso un lavoro di documentazione delle grandi migrazioni che hanno interessato numerosi paesi, costringendo flussi di disperati a cercare la propria salvezza in terre spesso inospitali, oppure in metropoli protette da reticoli di filo spinato.

Particolarmente toccanti diventano i racconti che hanno per protagonisti appunto i bambini: molti di loro sono stati abbandonati in orfanotrofi in Cina o in Ruanda, in Brasile o in Angola. Alcuni hanno perso i genitori a causa della guerra o delle malattie, altri si sono smarriti durante gli attraversamenti di frontiere, verso terre in cui sperano di essere accolti. Vestono abiti più grandi di loro, anche quando si tratta di bosniaci in fuga dalla Kraijina in fiamme, poco lontano dal confine con la ricca e neonata Unione Europea. 

A ciascuno di loro Salgado dedica la pazienza dell’ascolto e l’attenzione alla loro irrinunciabile individualità. Il suo lavoro non è inteso solo a commuovere o indignare il visitatore della mostra. Quando impugna la sua Leica, egli vuole ricordare a questi fanciulli che essi non sono meri numeri da sciorinare agli incontri internazionali, ma soggetti cui è stato vietato l’accesso all’infanzia, per farne fin da subito adulti in miniatura. Salgado si sorprende ogni volta a scoprire che ciascun bambino si mette seriosamente in posa davanti alla macchina fotografica, oggetto cui è affidata la testimonianza di una storia che altrimenti il mondo non potrebbe mai conoscere.

La bambina ecuadoriana che trasporta un carico di fascine, troppo gravoso per le sue spalle, rinuncia al gioco per imitare la madre e le altre donne del villaggio sulle montagne di Pungala. Nessuno è rimasto ad aiutarle, perché gli uomini sono scesi in città, in cerca di una fortuna illusoria quanto crudele. Lo sguardo determinato di una bionda ragazzina brasiliana riflette il tenace desiderio di emancipazione dei suoi genitori, contadini “senza terra” nello stato di Paranà. Sono quei contadini brasiliani cui Salgado dedica due sale successive, le cui foto sono cariche di simbologie e riferimenti alla storia dell’arte. I loro falcetti alzati al cielo richiamano le lance dei cavalieri di Paolo Uccello, protagonisti di una nuova battaglia, mentre la marcia degli occupanti della piantagione Cuiabà ricalca il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, questa volta senza alcun protagonista distaccato dalla massa, perché la lotta contro l’ingiustizia non lascia più spazio a individualismi.

Le fotografie di Salgano alternano rari momenti di entusiasmo per la rivendicazione dei diritti degli ultimi a enormi panorami di desolazione. Come nell’istantanea di Jade Maiwan, la strada principale di Kabul, città sovrastata dalle macerie dei palazzi che richiamano le Terme di Caracalla. Ma se a Roma ci sono voluti due millenni per logorare le imponenti rovine, in Afghanistan in pochi decenni la guerra ha trasformato la capitale in una città fantasma. E spettri sembrano i suoi abitanti, uomini donne e bambini che si muovono in una liquefatta solitudine di sguardi disorientati e burqa votati al silenzio.

All’anonimato delle periferie delle grandi città, dove si raccolgono orde di rifugiati – Istanbul Bombay Brooklyn –, Salgado risponde con la visione apollinea degli ultimi amazzoni, gli abitanti del villaggio marubo di Maronal. È una luce caravaggesca quella che si depone sui gesti senza tempo di un’umanità preservata perché lontana dalla civiltà occidentale. Una nudità edenica che però tradisce elementi di contatto con il nostro mondo, non ancora sufficienti però a privare questi ragazzi della loro spensierata fanciullezza.

I bambini restano i protagonisti indiscussi degli scatti di Salgado: se la condizione di rifugiato condanna gli adulti a una indefinita sospensione temporale, perché allo sterile albero degli aiuti umanitari mancano le radici su cui ricostruire; i ragazzi invece riescono a trasformare ogni situazione in motivo di gioco, come la montagna di terra scavata per le latrine nel campo profughi di Benako in Tanzania. Anche i bambini sfollati nell’ex carcere di Dohuk, nel Kurdistan iracheno, non rinunciano a rincorrersi perché sanno essere solo se stessi, in qualsiasi circostanza e a qualsiasi latitudine.

La luce nelle foto di Salgado evidenzia questi momenti di felicità, rari quanto preziosi. È una luce però che non salva, ma accusa e denuncia un mondo ricco che rimane ottuso e sordo anche davanti alla durezza dello sguardo di ragazzi cui non è dato sperare nel futuro. E allora tornano alla mente gli occhi del bambino sudanese, profugo della scuola di Natinga: la lucentezza dei suoi grandi occhi fiduciosi, seduto di fronte alla lavagna, ci ricorda che nessun muro è più pericoloso di quello che alberga nei nostri cuori.

 

INFORMAZIONI

Sebastião Salgado, Exodus

Palazzo Buontalenti, via de’ Rossi 7 

Antico Palazzo dei Vescovi, piazza del Duomo 3

Pistoia

 

8 febbraio – 14 giugno 2020

Da giovedì a domenica ore 10-18
Lunedì e martedì ore 10-14
Chiuso il mercoledì

 

BIGLIETTI

Intero € 10

Ridotto € 7

Studenti, Over65, Under18, Gruppi scolastici, Soci COOP, Abbonati e possessori di biglietti regionali Trenitalia, Iscritti FAI, Soci UNESCO, Soci Touring Club, Soci ACI, possessori di biglietti del Museo Marino Marini di Pistoia, possessori di Pistoia Experience Card, Soci ANISA – Associazione Nazionale Insegnanti di Storia dell'Arte e insegnanti d'Arte e di Storia dell'Arte (con documento d'identità), Iscritti il Funaro Centro Culturale di Pistoia, Abbonati Associazione Teatrale Pistoiese, Abbonati Stagione Sinfonica Promusica di Pistoia, Abbonati Stagione Musica da Camera Promusica di Pistoia, Giornalisti (con tessera stampa valida per l’anno in corso).

MUSEUM PASS (3 sedi, comprese le mostre) € 15

Gratuito

Bambini fino a 6 anni, Persone con disabilità e accompagnatore, Soci ICOM e ICOMOS (con tessera), Giornalisti (previo accredito via mail almeno due giorni prima della visita scrivendo a fvannucci@fondazionepistoiamusei.it), Studenti dell'Accademia di Belle Arti di Firenze, Studenti Liceo Artistico Statale “P. Petrocchi” di Pistoia, Guide autorizzate.

 

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