Nel cuore di una Roma, che con le sue chiese e le sue opere d’arte, placa gli animi più sensibili dal tormento della vita frenetica e stressante di città, un museo privato ha l’ardire di invitarci ad una riflessione sulle nostre paure, e ad un’esplorazione dei lati potenzialmente più terrificanti della nostra vita.
Il rinnovato MUSJA (MUSeo JAcorossi), in Via dei Chiavari 7, inaugura una nuova stagione espositiva ambiziosa, della durata di tre anni che si snoderà attraverso una trilogia di mostre annuali sul tema della paura, dall’inequivocabile titolo, The Dark Side (il lato oscuro, in inglese), a cura di Danilo Eccher.
Dal 9 ottobre 2019 al 1 marzo 2020, Chi ha paura del buio? ci conduce attraverso un percorso che presenta una selezione di opere – molte delle quali site specific (cioè create appositamente per gli spazi espositivi) – di 13 artisti internazionali: Gregor Schneider, Monster Chetwynd, Robert Longo, Christian Boltanski, James Lee Byars, Gino De Dominicis, Hermann Nitsch, Gianni Dessì, Flavio Favelli, Sheela Gowda, Tony Oursler, Monica Bonvicini, e Chiharu Shiota.
Dopo un’entrata immersa nella luce naturale che passa attraverso le porte di vetro, e nel colore bianco, quasi accecante, dell’ingresso, il contrasto con la prima opera è di potente impatto emotivo: si è accolti da un claustrofobico e buio corridoio in cui le opere pittoriche e le pareti su cui sono appese, sono divorate da un colore nero che ha il sapore di bruciato (End of the museum di Gregor Schneider). Come se l’insignificante ego umano che si era illuso di aver trovato l’affermazione di sé stesso attraverso l’espressione artistica, fosse stato all’improvviso annichilito con la distruzione delle sue stesse opere. Da lì alle gigantesche fauci bomarziane di cartone (Hell mouth di Monster Chetwynd) circondate da animali fantastici, abitanti di nostre paure infantili o ataviche, il passo è veramente, letteralmente, breve. La discesa negli spazi ipogei si adatta perfettamente al parallelismo di discesa negli abissi dell’inconscio, dove risiede materiale oscuro da miasma apocalittico. La corda (Untitled di Sheela Gowda) fatta di capelli neri – la cui collocazione sulle scale è parallelamente simmetrica all’ombra dell’esile corrimano di metallo – richiama la palla di pelo che ci dà la sensazione di soffocamento, quell’espirazione fatale che accompagna l’inevitabile abbandono di questa vita. La corda spessa, procedendo, sembra affinarsi e cedere il posto ad un fitto intrico di fili neri che un’orgogliosa aracnide sembra aver intessuto intorno a due letti bianchi da ospedale (Sleeping is like death di Chiharu Shiota). Il percorso porta, ineluttabile, al gigantesco dipinto di un busto russo antropomorfico dal naso lungo e tridimensionale che sovrasta lo spettatore con la sua presenza minacciosa (Senza titolo di Gino De Dominicis), che toglie il fiato e inchioda al pavimento, come facevano quegli incubi che ci affliggevano da bambini e da cui intendevamo scappare ma con orrore e panico ci scoprivamo impossibilitati a fare qualsiasi movimento che ci assicurasse la salvezza.
Volendo, il percorso si presta ad un liberatorio processo catartico da avvicinare non con il freddo e distaccato atteggiamento della persona logica ed educata, ma con il coraggio del disperato per lasciarci condurre faccia a faccia con la nostra vulnerabilità umana, e perderci nella nostra irrazionale imperfezione, finché non riusciamo a trovare noi stessi nell’immagine contorta che le opere esposte ci rimandano di noi stessi, a riconoscerla come nostra, perché infine il buio lo portiamo dentro di noi. O, come dice il curatore Danilo Eccher, “so che il buio vive affianco a me, c’è sempre, è ovunque e quindi non si deve mai avere paura del buio, ma si deve sapere che bisogna attraversarlo, tutti noi lo dobbiamo attraversare.”
Che cos'è la vertigine? Paura di cadere? Ma allora perché ci prende la vertigine anche su un belvedere fornito di una sicura ringhiera? La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura.
Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere
INFO
MUSEO MUSJA
Via dei Chiavari 7
00186 – Roma
Tel: +39 06 68210213
Email: info@musja.it
ORARI D’APERTURA
Dal martedì al venerdì 11.00 – 19.00
Sabato e domenica 11.00 – 20.00
Lunedì Chiuso
La biglietteria chiude 1h prima
BIGLIETTI
Intero €13
Ridotto €11
Ragazzi 11-18 anni, accompagnatori per diversamente abili, studenti universitari fino ai 26 anni
Gruppi €10
minimo 10 massimo 25 persone, visita guidata obbligatoria
Visite guidate €100
minimo 10 massimo 25 persone, escluso ingresso, compreso microfonaggio
Visite guidate €120
in lingua straniera
Mostra in famiglia
adulto €13
figli 4-8 anni €8
Scuole €120
Infanzia e primaria (visita + laboratorio) – inclusa prenotazione – Più €5 a studente
Scuole €100
Visita interattiva per scuole secondarie – inclusa prenotazione – Più €5 a studente
Laboratorio per famiglie: “Storie di ombre”
adulto €12
bambini 4-8 anni accompagnati da un adulto €10
Tutte le domeniche alle ore 11:00
Omaggio
bambini fino a 4 anni non compiuti, diversamente abili, insegnante che accompagna un gruppo scuola (una gratuità ogni 10 studenti), giornalisti iscritti all’Ordine con richiesta scritta della redazione
Pausa pranzo nell’arte €10
Dal martedì al venerdì, dalle 12:30 alle 14:30. Escluse festività
Prezzi comprensivi di audioguida
Prevendita: €1,50