A Palazzo Ducale di Genova, è visitabile da sabato 5 ottobre 2019 a domenica 1 marzo 2020 Gli anni venti in Italia – L’età dell’incertezza, un percorso espositivo, curato da Matteo Fochessati e Gianni Franzone, che ci accompagna attraverso le sale dell'Appartamento del Doge. Sono 120 le opere presenti, provenienti da collezioni museali e private di tutta Italia, da Severini a Casorati, da Funi a Martini e Canegallo, per la prima volta insieme in un’unica esposizione. La rassegna individua nel decennio tra le due guerre un periodo di particolare interesse storico, politico e sociale, e si sofferma sulle conseguenti ricerche estetiche che portarono ad una significativa produzione pittorico plastica.
L’inizio del secolo scorso rappresentò per l’Italia un momento di instabilità sociale, essendo una cruciale fase di passaggio fra due tragici conflitti mondiali, passando per la crisi annunciata dal crollo di Wall Street dell'ottobre 1929 e seguita dall'affermazione di regimi dittatoriali.
Nonostante gli anni Venti vengano spesso estetizzati all’eccesso e identificati con il glamour, con le feste patinate e ruggenti, con uno sfacciato edonismo che ritroviamo nelle pagine de Il Grande Gatsby, essi racchiudono nella loro complessità anche un grande senso di inquietudine, che come una spina, si incarna nella realtà dell’epoca: un tempo sospeso nell’attesa di un futuro incerto, un senso di turbamento che si ritrova nella pittura, in rappresentazioni oniriche al limite dell’irrazionale, quando anche la disillusione trovò riscontro nel sogno di un ritorno al passato e all'ordine. La prima guerra mondiale si rivelò un'esperienza tragica e particolarmente lacerante per gli intellettuali che si recarono al fronte, mettendoli di fronte ad una realtà profondamente drammatica, dirigendoli verso un bisogno di razionalità necessaria per la conseguente ricostruzione e innescando il fenomeno del cosiddetto ritorno all’ordine. Il recupero del rapporto col passato passa attraverso un ritorno alla figuratività e da una maggiore razionalità rispetto alle esperienze delle avanguardie.
La mostra si apre con un percorso introduttivo al periodo storico, che si sviluppa lungo un corridoio al termine del quale campeggia il bassorilievo in gesso La tempesta del 1926 di Arturo Martini, che ci anticipa il tema della mostra. Una navigazione tempestosa attraverso un mare impetuoso, sovrastata da un cielo opprimente, diventa testimone del periodo denso di incertezze e inquietudine che gli italiani andranno ad affrontare, triste epitaffio della rassegnazione e del senso di impotenza trasmesso dalla figura che osserva dalla riva.
Un approccio di tipo fenomenologico ci introduce alla fruizione della mostra e alla connessione con quest’esperienza, fornendo ai visitatori una chiave di lettura per gli aspetti di questa realtà storica.
Il continuo riferimento è alle emozioni di fondo, non mancando di evocare i fatti storici, si ricorre alla narrazione di quelle manifestazioni fenomeniche di un'emozionalità contestualizzata, attraverso sentimenti, paure, emozioni, tramite una grande fluidità di passaggi, si fa forte di una una costellazione espressiva che regala un accesso emozionale diretto alle persone.
Nel mettere in luce le caratteristiche di eventi interiori, che vengono individuati negli avvenimenti storici stessi, propone alcune categorie per descrivere un altro mondo che esula dagli aspetti di contestualità e situazionalità dati dai meri resoconti pragmatici degli avvenimenti, ma li integra, congiungendoli in un universo altamente evocativo di modelli emozionali e logiche sociali. Le emozioni vengono indagate e legate tra loro secondo una logica che persegue le loro caratteristiche storico/culturali e gli aspetti sociali che esse rivestirono.
Al fine di comprendere meglio la particolarità di questo periodo si rende dunque necessario partire proprio dalle sensazioni, dalle percezioni, dall’atmosfera in cui è immerso, cercando di mettere a fuoco sia la globalità di ciò che avvenne, sia la particolarità di come si venne a strutturare. Fu semplicemente lo specchio perfetto delle trasformazioni sociali occorse all’epoca, un periodo pregno di sfumature di significato.
L’esperienza ci accompagna all’interno di concetti come persona ed emozione, in quel mondo continuamente in movimento che cercava di adattarsi ai fenomeni più disparati, mettendo in risalto come forme così diverse che agiscono sull’animo umano siano in corrispondenza tra loro, in continua comunicazione.
In primo piano attraverso le sale, viene svelata l’importanza del corpo, ritratto nella quotidianità, contemporaneamente veicolo di emozioni e delle leggi che regolano la vita dell’uomo e quella dell’universo. Perché l’essere umano è egli stesso universo di stati d‟animo e della loro espressione, di qualcosa che si prova anche con il corpo e non può esistere slegato da esso. E' un percorso che ricorda al visitatore che la vita si manifesta sotto forme diverse, a volte è governata da leggi oniriche non accessibili immediatamente all’osservazione empirica dell’universo mentale dell’uomo, che spesso essa non obbedisce ad una ferrea logica, ed è governata da determinate strutture di natura per lo più inconscia.
Al di là delle classiche descrizioni, che nulla fanno comprendere se ci si limita alle definizioni, ci lasciamo trasportare durante la visita da una linfa che pervade le sale e che attraverso gli elementi ci induce a seguirne le tracce, accompagnandoci in una dimensione temporale in cui il passato non è sedimentato. Invita a a muoversi con estrema disinvoltura e fluidità in un mondo dove si possono unire quelle che noi consideriamo emozioni distinte e stagnanti in categorie, oppure individuare sensazioni particolari che non trovano facilmente una corrispondenza nella nostra classificazione emozionale, ma trascendono dalle forme altamente convenzionali, migrando da uno stato all’altro cosicché possiamo cogliere tanto i singoli particolari quanto la visione d’insieme, tenendo bene a mente il precetto fenomenologico.
La disposizione delle opere esula da una continuità scontata, evitando di innescare una risposta emotiva adattiva, rifuggendo una semplificazione e una riduzione della complessità del fenomeno di quegli anni. Lo stravolgimento della guerra che si trasformerà comunque in un evento traumatico, è sempre presente, così come le conseguenze differenti e il sentire diffuso che furono intesi anche come una risposta a fratture di carattere sociale. In una accezione assai più ampia restiamo fortemente connessi con la morte e il lutto, che costituiscono per la nostra società fortemente individualista, un’esperienza intima: vedremo dunque come in quegli anni difficili, finiranno per incarnare il dolore della comunità.
L’universo narrativo della mostra, ci immerge in quei giorni fortemente connotati dall’instabilità, dove l’arte si fece espressione paradigmatica dell’ambivalenza emotiva, intersecando l’attualità della crisi e una forte attenzione per l’estetica, quasi forzata, volta allo sradicamento del senso del reale, sottolineando come il legame tra un presente irrazionale e violento ed un edonismo onirico fosse talvolta inestricabile e la loro separazione può avere senso solo a fini descrittivi. Dietro a questa realtà indefinita e perennemente in fieri, appare incombente la figura di un mondo stravolto dalla guerra, le cui conseguenze e il sentire diffuso furono intesi anche come una risposta a fratture di carattere sociale. In un momento storico attraversato da profondi mutamenti sociali e culturali, si è ipotizzato un processo espositivo teso ad un approfondimento delle categorie concettuali necessarie per interpretare le dinamiche di un’Italia che si avviava verso un ineludibile stravolgimento e che stava per avvolgersi nel manto del suo duplice destino, di vita e di morte.
Il percorso espositivo si snoda in undici capitoli.
La prima sezione, Prologo. I volti del tempo, si apre con una serie di volti. Negli anni del primo dopoguerra la corrente artistica più rilevante è quella del Realismo Magico, la cui visione del mondo è pervasa da memorie della classicità e del Rinascimento. La figura umana assume un ruolo primario, in arte il ritratto è posto in primo piano, in contrapposizione ad un mondo sempre più incomprensibile. Da queste fascinazioni nascono vividi ritratti di donne straordinarie nella loro quotidianità. La varietà delle figure ritratte rappresenta uno spaccato della società dell’epoca, “pose, inquadrature, abbigliamento e manufatti mescolano modernità e tradizione, come nel caso della Maternità di Gino Severini, che intenta ad allattare il loro secondogenito Antonio, segnò la sua clamorosa svolta verso la forma classica.”
La seconda sala è Attese. Sospensione Malinconia Inquietitudine: racchiude le visioni enigmatiche di immagini essenziali che non si esauriscono in un pur potente realismo, lasciando intravedere il senso di malinconia e inquietudine pregno dell’epoca, una sottile tensione che cede ad un senso di estraniamento, alla negazione dell’effimero in favore della ricerca dell’immutabilità.
Preludio. Il trauma della guerra è la sala successiva. Le tragiche conseguenze del primo conflitto mondiale spazzarono via tutte le velleità retoriche: nonostante la propaganda promossa dal regime fascista, la realtà ebbe un traumatico sopravvento sull’idealizzazione della vittoria. I reduci si trovarono ad affrontare la drammatica quotidianità del reinserimento nella società, come documentano le opere di Lorenzo vieni e Ardengo Soffici. “Il fascismo promosse tuttavia l’edificazione di sacrari, cimiteri e monumenti commemorativi, generalmente caratterizzati da scelte stilistiche e iconografiche retoriche e celebrative.”
La quarta sezione è Metropoli. Disagio Violenza Solitudine. La paura generata dalla guerra lasciò il posto ad un sentimento più profondo e radicato: l’odio, una diffusa sensazione di violenza vista dal regime come un male necessario, e dai futuristi come necessaria pratica estetica. Questo clima di disagio sociale pervaso da una latente aggressività si riversò nelle grandi città, teatro di alienazioni urbane, che diedero vita a scenari distopici.
La sezione seguente è dunque Irrazionalità. Angoscia Incubo Mistero. Gli anni venti furono teatro di una dicotomia: da un lato una possente nostalgia per un passato mitizzato, dall’altro una tensione verso l’irrazionale, che aprì la porta a scenari tratti dall’immaginario dell’incubo, generati dall’angoscia sempre più prominente. “Spiritismo trance ed evocazioni medianiche improntarono forme espressive ermetiche e allucinate, come nel caso delle pitture ectoplastiche di Alberto Martini.” La testa di Benito Mussolini di Giandante X incombe come il presagio di un disastro imminente, prologo dell’incubo del fascismo, che immediatamente fatto materia raggiunge la realtà come una deflagrazione e attua la trasformazione delle paure in una rovina presente.
In Alienazione. Maschera Marionetta Uomo meccanico, viene messo in risalto il ruolo del movimento futurista, che insofferente a staticità e tradizionalismo, proiettato verso il futuro da un infaticabile slancio, si abbandona a ideali di mutamenti corporei e sensoriali radicali, caratterizzati da sensi, vibrazioni e brividi di velocità. La realizzazione dell'immagine di un uomo nuovo, un uomo-macchina, viene affidata al corpo umano, il quale assume un ruolo preminente anche nella produzione artistica. “Fu Gino Severini, che risiedeva a Parigi dal 1906, a cimentarsi con il recupero della tradizione della commedia dell’arte italiana e con il tema delle maschere.”
In Evasioni. Nostalgia Sogno Magia si ritrovano le suggestioni di quegli anni: malinconia, rimpianto, tradizione e il senso circolare del tempo, contrapposto all’idea di una temporalità lineare e progressiva tipica delle avanguardie. Preponderante è la nostalgia per il passato, il classicismo diviene una barriera per ciò che si priva di relazione con la facoltà della ragione. Nelle arti figurative e nella letteratura il sonno verrà visto come fuga dal presente, ancorché pregno di angosce e irrequietezza, significativamente rappresentato nella Siesta Rustica di Fausto Pirandello e ne Gli Apostoli di Carena.
Si passa poi a Identità. Stereotipo Ambiguità Desiderio. Per consolidare il proprio regime improntato sull’autoritarismo, lo stato fascista inquadrava le donne in una visione gerarchica del rapporto fra i sessi, dovuta all’enfatizzato culto della virilità, proprio della suddetta mentalità. Il regime promosse nozioni antiquate di maternità e paternità, femminilità e virilità, esaltando la figura maschile, foriera dei valori dell’uomo nuovo e relegando il ruolo delle donne ad angelo del focolare, strappando loro quel barlume di autonomia e riscatto sociale che avevano potuto conoscere durante gli anni della guerra, insinuando la sensazione della perdita della propria consapevolezza identitaria. Gli anni venti furono anche incubatori per gli embrioni dell’incertezza identitaria e sessuale, un’onda di instabilità che ritroviamo nelle opere di Ferrazzi e De Pisis.
L’ultima parte è Decò. Eleganza Lusso Edonismo, sezione dedicata a quello stile di vita eclettico, mondano e glamour, improntato con effimera risolutezza alla ricerca del gusto e della raffinatezza, che rappresentò per molti versi l’altra faccia della medaglia. Anni ruggenti e intensi, che incarnarono il tentativo di dimenticare la ferocia e la barbarie di quella guerra da cui il mondo era appena uscito, sinonimo di un riscatto economico e sociale volto a squarciare la cortina della banalità e della durezza del quotidiano e che furono il preludio di un destino cupo e inarrestabile. In mostra tra gli altri Anselmo Bucci e libero Andreotti, due artisti che vissero per lungo tempo a Parigi.
La mostra termina con Epilogo, due opere di Arturo Martini che idealmente si ricongiungono al bassorilievo iniziale, chiudendo il cerchio. La Pisana (1928/29), una sensuale figura femminile colta nel momento di abbandono al sonno, e la Lupa ferita (statua in bronzo del 1930/1931), che colpita da un dardo urla di dolore, rappresenta il lato più selvaggio e primordiale della femminilità. Eros e Thanatos, rispettivamente elemento di vita e di morte, facce della stessa medaglia, due forze in totale opposizione ma allo stesso modo indissolubilmente legate l’una all’altra “in quel pericoloso connubio tra vitalità e distruzione che è una componente degli anni venti e che troverà l’epilogo più tragico alla fine del decennio successivo.”
Artisti in mostra
Libero Andreotti, Baccio Maria Bacci, Eugenio Baroni, Ettore Beraldini, Pompeo Borra, Anselmo Bucci, Cagnaccio di San Pietro, Sexto Canegallo, Carlo Carrà, Felice Carena, Felice Casorati, Gisberto Ceracchini, Galileo Chini, Alimondo Ciampi, Primo Conti, Giorgio de Chirico, Giovanni Battista Costantini, Fortunato Depero, Nicolaj Diulgheroff, Antonio Donghi, Leonardo Dudreville, Ferruccio Ferrazzi, Fillia, Giacinto Fuga, Achille Funi, Tullio Garbari, Cornelio Geranzani, Giandante X, Giovanni Grande, Domenico Guerello, Virgilio Guidi, Carlo Levi, Gian Emilio Malerba, Alberto Martini, Arturo Martini, Pietro Marussig, Francesco Messina, Domingo Motta, Ubaldo Oppi, Lia Pasqualino Noto, Fausto Pirandello, Carlo Potente, Enrico Prampolini, Ram, Domenico Rambelli, Pippo Rizzo, Ottone Rosai, Mino Rosso, Oscar Saccorotti, Antonio G. Santagata, Alberto Savinio, Gregorio Sciltian, Scipione, Gino Severini, Mario Sironi, Ardengo Soffici, Pierangelo Stefani, Ernesto Thayaht, Mario Tozzi, Sandro Vacchetti, Lorenzo Viani, Adolfo Wildt, Dario Wolf, Giuseppe Zancolli.
Palazzo Ducale di Genova
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Appartamento del Doge e Cappella Dogale
dal 5 ottobre 2019 al 1 marzo 2020
Orari: da martedì a domenica, ore 10 – 19, lunedì chiuso.
La biglietteria chiude un’ora prima
Biglietti:
intero 12€
ridotto 10€
Bambini fino ai 6 anni gratuito
bambini e ragazzi fino a 14 anni 4€
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Audioguida 2€
Gruppi
solo su prenotazione a prenotazioni@palazzoducale.genova.it
Visite Guidate per Gruppi
con l’Associazione Genova in Mostra
in italiano 120€ – microfonaggio compreso
in lingua 140€ – microfonaggio compreso
E’ possibile organizzare la visita anche con altre guide/accompagnatori, sempre solo su prenotazione a prenotazioni@palazzoducale.genova.it, microfonaggio obbligatorio al costo di 30€