Una nuova aria soffia sul promontorio che ospita il Complesso del Vittoriano passato in mano ad Arthemisia Group, gruppo di lavoro quasi esclusivamente femminile che ha deciso di aprire con un inno alla donna la nuova stagione con la personale su Alphonse Mucha, (1860-1939) artista poliedrico e prolifico riconosciuto come un estimatore ed esaltatore della figura femminile in esposizione fino al 11 Settembre.
A quasi cento anni dalla sua visita a Roma il grande artista torna nella capitale grazie alla collaborazione con la Fondazione Mucha, aperta dopo la sua morte per preservare il grande patrimonio di cui la famiglia era in possesso( circa 3000 opere), in un omaggio che prevede più di 200 opere tra dipinti, manifesti, disegni, opere decorative, gioielli: non era solo il grande artista simbolo dell’Art Nouveau parigina ma un artista curioso e sperimentatore, grande attivista nella causa patriotica del suo Paese nonché il suo ultimo e più intenso lato di filosofico riflessivo.
La mostra si articola in 6 sezioni che racchiudono il ciclo vitale di Mucha: si apre con Un boemo a Parigi che percorre con vari lavori tra cui anche libri e manifesti gli esordi nell’ambiente bohémien ancora ai margini della società, il termine bohémien è la traduzione francese di boemo, ed il suo incontro con l’attrice teatrale Sarah Bernhardt ed il suo manifesto per Gismonda, di fatto il punto di partenza della sua carriera. Il loro rapporto diventerà esclusivo, due artisti che trovavano l’uno nell’altro la migliore forma di espressione delle propria arte che li porterà a lavorare in esclusiva per i successivi sei anni e con lei assistiamo alla nascita artistica di Mucha.
La seconda sezione è Una creatore di immagini per il grande pubblico, dove ormai si è fatto largo lo “Stile Mucha” attraverso una serie di pannelli decorativi e pubblicitari, si può considerare un antesiniano del pubblicitario moderno con la capacità di trasmettere dei messaggi di vendita con immagini, di usarle in maniera ripetitiva finchè il prodotto viene riconosciuto più dall'immagine che dal nome che porta: la sua guida destinata agli artigiani con l’intento di contribuire alla creazione di valori estetici da lui ideati, Documents Décoratifs(1902), dei piccoli dipinti, delle litografie nello specifico, con una dovizia nella descrizione di quelle che dovevano essere le linee da ricalcare. È il Mucha che conosciamo, che siamo stati abituati a vedere quando si parla dell’artista, l’esaltazione della figura femminile e della natura come un unico elemento della creazione universale.
Si arriva alla proclamazione dell’artista ne Il Cosmopolita grazie all’Esposizione Universale del 1900 ed i lavori ad essa collegata ,per l'Esposizione si occupa della decorazione del padiglione della Bosnia ed Erzegovina a memoria del suo legame con le dinamiche socio politiche sempre presenti: i meravigliosi lavori in collaborazione con il grande gioiellerie francese Georges Fouquet (1862-1957), il periodo americano ed il legame dell’artista con il teatro German Theatre di New York e le attrici Leslie Carter e Maude Adams a proseguo del legame con il teatro nato con la sua amata Sarah. Tutte queste sezione si arricchiscono di una nutrita testimonianza fotografica, dalle quali traspaiono le fasi creative e dalle quali si percepisce la sua passione per la figura femminile, la ricerca continua di pose e forme che ne esaltaserro la leggiadria e la sinuosità.
Al finire dell’Ottocento la sua amicizia con il drammaturgo August Strindberg e l’attrazione allo spiritualismo lo faranno entrare nella loggia massonica della città e la sezione Il Mistico analizza come la sua visione venga influenzata e ci sia un sostanziale cambiamento nelle sue opere, esempio il libro illustrato Le Pater del 1899.
Nel 1910 Mucha torna in patria finalmente intenzionato e con le capacità di fare qualcosa per il suo paese dopo la sua indipendenza ed in questo l’Epopea Slava ne è un esempio sublime: nella sezione Il Patriota sono presenti tutte le fasi preparatorie ed i bozzetti e la documentazione fotografica che hanno portato alla creazione dell’opera monumentale diventata già da subito simbolo storico e politico.
L’ultima sezione l’Artista Filosofo analizza il suo lato umanistico e umanitario, in opere che divengono sempre più introspettive sia nei soggetti che nei colori: del Mucha inno alla natura e ai suoi colori non è rimasto molto ormai, il pensiero dominante è quello che verrà lasciato alle generazioni future grazie anche alle conseguenze che la guerra ha portato. Ed in questo ne è simbolo l’ultimo lavoro in mostra da lui realizzato, l’età della ragione, l’età della saggezza, l’età dell’amore del 1939 che non riuscì a portare a termine: con l’ipotesi dello scoppio di un nuova guerra immagina il trittico in cui i tre principi siano gli unici scopi da perseguire per proteggere e far progredire l’essere umano.
La retrospettiva si chiude con la sensazione di aver conosciuto l’artista nell’arco della sua vita personale e creativa, nei suoi lati più intimi e dolorosi, di aver compreso meglio quello che Mucha sosteneva ed ora la Fondazione a suo nome perpetra che la sua doveva essere un’arte “della gente”, unico appunto da fare purtroppo è sull’allestimento, molto curato ed un po’ oscuro a voler presumibilmente ricreare l’atmosfera parigina dell’epoca ma nelle prime sale viene compromessa la visibilità delle opere per una illuminazione che si rivela insufficiente.
foto 1: Alphonse Mucha Le Arti: Pittura 1898 Serie di quattro pannelli decorativi Litografie a colori, 60×38 cm ciascuna © Mucha Trust 2016
foto 2: Alphonse Mucha Studio per L’età dell’amore 1936 – 1938 Matita e acquerello su carta, 30,5×35,5 cm © Mucha Trust 2016
Info:
Alphonse Mucha
15-04-2016/ 11-09-2016
Sotto l'egida dell'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano
Patrocinio della Regione Lazio
Organizzata e prodotta da Arthemisia Group in collaborazione con la Fondazione Mucha e curata da Tomoko Sato
Biglietti e tariffe su www.ilvittoriano.com
Informazioni e prenotazioni
T + 39 06 87 15 111
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