Quando l’arte viene messa al servizio dei diritti violati, assume un ruolo cruciale per documentare la storia, diviene uno strumento potente, in grado di dare un messaggio al mondo affinché non si dimentica, dar voce alle vittime inascoltate, questo è il lavoro e la missione del fotografo guatemalteco Daniel Hernández-Salazar, allestito al Museo di Roma in Trastevere dal 22 Giugno 2016 al 11 Settembre 2016.
Affinché tutti lo sappiano è la mostra fotografica di Daniel Hernández-Salazar, il lavoro di una vita: viene esposto nella galleria che gira intorno al giardino del museo, e ripercorre in tre sezioni la guerra civile in Guatemala durata ben 36 anni, dal 1960 al 1996, con l’obbiettivo di far conoscere e denunciare un genocidio che causò 200.000 morti.
Le prime foto sono scatti che immortalano i momenti più significativi del conflitto armato, con uno spirito documentativo, ci parlano delle manifestazioni e della lotta contro le forze militari dei diversi gruppi di ribelli, sostenuti dalla popolazione Maya e ladina. Come la foto significativa di un gruppo di contadini, che si confrontano con la polizia di Stato nel centro della città di Guatemala, protetti in prima linea da una schiera di bambini.
Le foto più crude a cui lavora Daniel sono delle fosse comuni ritrovate in seguito, che testimoniano le stragi commesse dal governo del Guatemala durante il conflitto, il lavoro di sparizione forzata che effettuava, una delle più cruente violazioni dei diritti umani verso i civili.
Il sostegno dato dal Dipartimento federale degli affari esteri Svizzero, ha permesso a Daniel di lavorare al suo progetto ed il Ministro dell’ambasciata Svizzera in Italia, intervenuto alla conferenza, ha commentato l’impegno svolto dal paese elvetico alla promozione della pace e dei diritti umani nel mondo.
La mostra prosegue culminando in una saletta dedicata al tema di Eros + Thanatos dove il fotografo ci fa conoscere un altro tipo di approccio al tema della guerra, vissuto in chiave più intima e personale; pone in contrapposizione la vita e la morte in un gioco di immagini sovrapposte, in cui fa uso di "modelli" per creare le foto che diventeranno i simboli dei fatti accaduti.
Così elaborò il suo “Angelo”, intitolato Esclarecimiento, in cui un modello di origini Idios indossa delle ali costituite da delle ossa vere di una scapola, prese dalle esumazioni dei superstiti, come simbolo del dolore ma anche di libertà. Il fotografo elabora quattro foto distinte che divennero le copertine dei quattro volumi del Guatemala: Nunca más, le prime tre pose vogliono comunicare il non aver visto, detto o sentito le atrocità, ma la quarta divenne un vero manifesto, perché ritrae il modello mentre pone le sue mani aperte tra la bocca come a urlare “ affinché tutti lo sappiano”. La parte centrale della mostra offre una carrellata della documentazione fotografica delle installazioni con questa quarta versione di foto dell’angelo, posizionate dal fotografo in diversi posti del mondo che subirono come il Guatemala stragi e genocidi, tra cui Auschwitz, Guernica, Bosnia, Hiroshima, divenendo un appello al mondo a ricordare e un simbolo di pace e di speranza.
Daniel Hernández-Salazar mostra la sua disponibilità e impegno nel far conoscere la dura vicenda del suo paese, che con coraggio ha denunciato, parla della situazione politica e del suo lavoro continuo in Guatemala come una sua missione per la sua terra, ma soprattutto a parlare sono le sue foto che non cancellano gli accaduti, divenendo un simbolo universale della lotta ai diritti umani e di ricerca della verità storica.
info:
Affinché tutti lo sappiano
Museo Roma in Trastevere
Dal 22 giugno all' 11 settembre 2016
Da martedì a domenica ore 10.00 – 20.00
Chiuso lunedì
Informazioni
Tel. +39 060608 (tutti i giorni ore 9.00-21.00)
Promosso da:
Roma Capitale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali,
Ambasciata di Svizzera in Italia
Con la collaborazione di
MasterCard Priceless Rome
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